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Il caso
Ordin. Sala Consilina
ROMA - Il Tribunale di Sala Consilina nei giorni scorsi ha sollevato questione di legittimità costituzionale della legge n.148/11, con la quale è stata prevista la soppressione di alcuni Tribunali minori. Al di là del merito della questione di costituzionalità, tutto incentrato sulla pertinenza del tema introdotto dal Parlamento in sede di conversione di un decreto-legge in materia di riduzione di spesa, appare particolarmente interessante il fatto che il procedimento nel quale è stata sollevata la questione rappresenti un esempio "solare" dello stato di crisi del sistema giudiziario e, in qualche modo, dimostri la bontà dell'intervento legislativo oggetto di censura:
a) per due anni il processo non inizia perchè assegnato ad un G.O.T. (Giudice onorario), che si limita a rinviare il processo in attesa del giudice titolare
b) i rinvii sono sempre superiori ai sei mesi;
c) le udienze sono talmente cariche da imporre una trattazione frammentata del processo.
Chi continua a parlare, con riferimento al nuovo codice, di oralità e immediatezza dovrebbe confrontarsi con questa dura realtà.
Sicuramente una migliore distribuzione delle risorse sul territorio, ragione per la la quale la ANM ha sempre chiesto una riduzione del numero dei Tribunali, potrebbe aiutare a migliorare le cose. Sarebbe poi interessante sapere quanti giudici del Tribunale di Sala Consilina abitano lì e quanti, invece, viaggiano da Salerno.
Il pendolarismo dei giudici, infatti, non è certo un fattore che aiuta l'efficienza.
Dovrà, però, arrivare un momento in cui i magistrati, soprattutto i dirigenti, comincino a pensare che questo modo di lavorare, sia nel penale che nel civile, non è l'unico possibile. E che una riflessione sui moduli organizzativi, sui criteri di priorità, sulla distribuzione degli affari tra le udienze, sulla concentrazione dei processi in poche udienze potrebbe favorire un rilevante miglioramento dell'efficienza del servizio, sia in termini di durata che di riduzione dei costi, che infine di rispetto delle persone coinvolte (per esempio citando i testi all'udienza in cui verranno effettivamente sentiti e fissando un orario).
Fino a quando, invece, i magistrati, e, lo ripeto, soprattutto i dirigenti, continueranno a disinteressarsi al tema della organizzazione, forti del fatto che l'alibi dei numeri consente di coprire qualsiasi inefficienza, difficilmente le cose miglioreranno.
Su questo terreno, la riforma ordinamentale sulla temporaneità dei dirigenti e sul controllo dopo il primo quadriennio, rappresenta, a nostro avviso, una occasione straordinaria che il CSM non sembra aver colto del tutto. Ci pare, infatti, che siano stati molto pochi i casi di non conferma di direttivi e semidirettivi e pochissimi quelli dovute a carenze sul piano organizzativo. Proviamo dunque ad avanzare una proposta.
Il CSM prenda tutti i casi in cui un magistrato è finito sotto procedimento disciplinare per ritardi e vada a verificare le condizioni organizzative di quegli uffici, cercando di capire cosa hanno fatto i dirigenti e se per caso non hanno una qualche corresponsabilità nei ritardi del giudice. E poi utilizzino queste acquisizioni in sede di valutazioni sulla conferma.
E' vero che molti direttivi e semidirettivi sono impegnati sia nel servizio che nella organizzazione. Ma è vero anche che una parte dei dirigenti continua a concepire la funzione come "meritato riposo" al termine di una onorata carriera, lavora poco e, soprattutto, non sa assolutamente nulla di organizzazione.
Lo scopo della legge era di dare al CSM uno strumento per "stanarli" e mandarli a casa. Sarebbe buona cosa che il CSM provasse a utilizzarlo.
5 marzo 2013
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