La proposta di delibera che la Prima Commissione ha licenziato con riferimento alle dichiarazioni rese dal dr.Antonio Ingroia in occasione di un congresso di partito esclude, come è ovvio, la sussistenza di possibili rilievi disciplinari e la sussistenza di elementi rilevanti ai fini del trasferimento d’ufficio. Nonostante queste conclusioni, che impongono l’archiviazione della pratica aperta su richiesta dei consiglieri Zanon e Calvi, la proposta prevede la trasmissione degli atti alla commissione competente per le valutazioni di professionalità affinché consideri l’inserimento della delibera nel fascicolo personale del magistrato.
Tale ipotesi, che sottende non chiari rilievi di ordine deontologico, apre una pagina preoccupante nella vita del Consiglio e nella professione dei magistrati, introducendo opinabili considerazioni critiche legate alla opportunità delle manifestazioni del pensiero che il magistrato effettui partecipando al dibattito pubblico.Ciò è tanto più preoccupante in quanto il carattere di “opportunità” di una condotta è per propria natura soggettivo e non codificabile e, qualora applicato a un diritto fondamentale della persona, suscettibile di condizionarne l’esercizio e di prestarsi ad applicazioni contraddittorie e strumentali.
Così il Consiglio, chiamato recentemente in diversi casi a valutare discutibili condotte professionale inerente alla gestione di delicati uffici giudiziari, ora rischia di stigmatizzare in maniera assai più rilevante il profilo professionale di un magistrato che dichiara pubblica fedeltà alla Costituzione, dimenticando che alle istituzioni si chiedono valutazioni rigorose ed istituzionali e non opinioni più o meno soggettive sul contenuto o sulla forma delle dichiarazioni rese dai magistrati che non contrastano coi limiti fissati dalla disciplina in vigore.
Piergiorgio Morosini Luigi Marini.