Il caso di Emilio Sirianni

Domani potrebbe essere qualunque magistrato

Il caso di Emilio Sirianni


Il mancato riconoscimento della settima valutazione di professionalità a Emilio Sirianni, a causa delle opinioni personali e politiche dallo stesso espresse in conversazioni private intercorse con un conoscente e intercettate nell'ambito di un procedimento penale avviato nei confronti di quest’ultimo, mette in crisi le libertà costituzionali fondamentali che in uno stato democratico sono riconosciute a tutti i cittadini, magistrati inclusi. 


Il Consiglio superiore della magistratura, infatti, ha espresso una valutazione negativa basandosi esclusivamente su caratteristiche non del magistrato nell’esercizio delle funzioni, ma della persona: delle sue opinioni, delle sue frequentazioni, delle sue conversazioni private (solo occasionalmente divenute pubbliche in ragione di un procedimento penale che ha riguardato il suo interlocutore) e della sua partecipazione alla vita pubblica come qualsiasi cittadino. 


Non è stato, quindi, il magistrato a essere stato giudicato negligente, non adeguatamente preparato o non equilibrato nell’esercizio delle funzioni. Anzi, gli atti del suo fascicolo dicevano esattamente il contrario. È stata la persona a essere giudicata come “non gradita” alla maggioranza di turno, che ha trovato espressione in una delibera adottata con lo scarto di un solo voto.


Questo esiziale precedente travolge il ruolo del Consiglio come organo di garanzia dell’indipendenza della magistratura e apre la strada a scenari inquietanti - ma oggi non più inverosimili, - nei quali un magistrato stimato e riconosciuto come competente, diligente, esperto e produttivo, per quantità e qualità dei suoi provvedimenti, possa essere valutato negativamente in relazione ad aspetti della sua vita privata che non interferiscono (come non hanno interferito in questo caso) con l’esercizio delle sue funzioni: magari a seguito di una “analisi”, da parte dei Consiglieri, dei suoi profili social, o a seguito della divulgazione di una conversazione privata divenuta pubblica contro la sua intenzione (il che potrebbe accadere a chiunque,  non solo per via delle intercettazioni “indirette” ma anche, banalmente, se qualcuno a nostra insaputa registra una conversazione tenuta in compagnia di amici).


Per questo la travolgente raccolta di firme (circa un migliaio in pochi giorni) a favore di Emilio Sirianni, sorta spontanea come un moto d’impeto specie nella magistratura più giovane, è un bel segnale di consapevolezza della reale posta in gioco. 


Che trascende la persona di Emilio Sirianni, perché il messaggio della delibera consiliare è l’invito a tutta la magistratura a conformarsi alla “egemonia culturale” del momento, che è l’esatto opposto della necessaria indipendenza del potere giudiziario dal potere politico. La delibera, poi, si allinea a una serie di astensioni manifestate al Plenum da parte di alcuni consiglieri laici di centro-destra, allorquando il voto ha riguardato le persone di magistrati noti per le loro posizioni associative o la redazione di provvedimenti giurisdizionali in materie sensibili, non allineate alle politiche governative. Sono state astensioni prive di motivazione e per questo percepite come aventi un significato pedagogico-intimidatorio, in grave distonia con il ruolo di tutore dell’autonomia ed indipendenza della magistratura che è proprio del Consiglio superiore della magistratura.


Proponiamo la rilettura di alcuni documenti che riguardano la vicenda di Emilio Sirianni: sono il sintomo non solo di qualcosa che è già accaduto, ma di qualcosa che potrà ancora e più gravemente accadere e di questo è bene che tutta la magistratura sia consapevole.

30/07/2024

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