Magistratura e politica
Il caso Brescia e i chiarimenti del Ministro
Ancora una volta assistiamo ad un cortocircuito, in cui si sovrappongono la reazione pubblica ad una decisione giudiziaria, la risonanza mediatica per un esito diverso da quello atteso e l’annuncio di iniziative del Ministro della Giustizia in relazione al contenuto di tale decisione. Ma, in questi casi, gli effetti del solo annuncio di iniziative in relazione al merito di una decisione giudiziaria rischiano di assomigliare ad un vero e proprio ammonimento della politica all'indipendenza della magistratura e all'autonomia, anche scientifica, del giudizio.
Le precisazioni alla stampa del Ministro della Giustizia sul cd. caso Brescia non chiariscono il senso delle iniziative annunciate dagli organi di informazione e non tranquillizzano rispetto agli effetti del cortocircuito al quale, ancora una volta, abbiamo assistito: secondo uno schema ricorrente, si sovrappongono la reazione pubblica ad una decisione giudiziaria, la risonanza mediatica per un esito diverso da quello atteso e l’annuncio di iniziative del Ministro della Giustizia in relazione al contenuto di queste decisioni.
Uno schema che abbiamo visto anche di recente con l’iniziativa disciplinare del Ministro della Giustizia contro il PM titolare del procedimento per la tragica morte di un ragazzo, annunciato come scoop da una nota trasmissione televisiva ad esiti processuali non ancora definitivi, e con le iniziative ispettive in occasione di “scarcerazioni” (in realtà, decisioni di detenzione domiciliare) nella prima fase dell’emergenza sanitaria.
La vicenda di Brescia – assoluzione da uxoricidio per incapacità di intendere e volere dell’imputato – suscita ancora più allarme, perché la notizia dell’ispezione è giunta prima del deposito delle motivazioni e mentre i giudici si accingono a scriverle. Tanto da avere indotto il Tribunale a dover dare conto, in un comunicato stampa, non solo del senso della decisione, ma anche del rigore esemplare tenuto in occasione di precedenti omicidi in danno di donne.
E anche su questo punto i chiarimenti del Ministro non tranquillizzano, poiché il mancato deposito della motivazione è messo in relazione al fatto che in questa fase non può esservi un’ispezione o un’indagine esplorativa, come annunciato dalla stampa.
Resta la circostanza che anche gli “accertamenti del caso” disposti dal Ministro sono annunciati (e non solo disposti) in relazione a quello che è un esito fisiologico del processo: una sentenza di assoluzione avverso la quale, una volta scritta, saranno esperibili tutti i rimedi endoprocedimentali, a partire dall’appello, se l’accusa dovesse ritenerla ingiusta.
Non ci pare che qui venga in discussione una patologia della vicenda processuale (una scarcerazione per decorrenza termini, ad esempio) sulla quale indagare per stabilire cause e responsabilità.
In questi casi, gli effetti del solo annuncio di iniziative in relazione al merito delle decisioni rischiano di assomigliare ad un ammonimento della politica alla indipendenza della magistratura e alla autonomia, anche scientifica, del giudizio.
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