I candidati di Magistratura democratica si impegnano a far sì che il prossimo Comitato direttivo centrale istituisca al più presto un Ufficio informatico dell’ANM, che segua da vicino le innovazioni tecnologiche che stanno interessando sia gli uffici di merito che di legittimità, raccogliendo costantemente le segnalazioni di ogni magistrato e operi in concreto per produrre idee ed esigere la soluzione dei problemi.
La magistratura dovrà governare la transizione digitale e non esserne governata.
Occorre pretendere dal Ministero della Giustizia che siano rese disponibili tempestivamente le necessarie risorse hardware e che sia garantita un’assistenza pronta ed efficace per le problematiche e i malfunzionamenti degli applicativi informatici, che devono essere proposti agli uffici giudiziari solo quando pienamente funzionanti e adeguatamente testati, contrariamente a quanto accaduto di recente e con gravissime disfunzioni con l’applicativo APP.
È inoltre necessario lavorare su un dialogo tra l’esperienza del PCT e quella del nascente processo penale telematico, da cui possono nascere interessanti spunti trasversali, e vigilare sul rischio che il PPT – se ispirato dalla “filosofia” della mera velocità – diventi veicolo di ulteriore burocratizzazione del lavoro del magistrato, ulteriore strumento delle derive produttivistiche in atto da anni, che portano, in ogni sede, a ragionare non di qualità della giurisdizione ma solo di “smaltimento” dei processi: la gretta efficienza è sempre nemica della buona giustizia.
I processi innovativi chiamano in causa anche l’associazionismo – inteso come ANM e quei gruppi associati che vogliono essere centri di elaborazione culturale e professionale e non centri di potere.