La legge n. 190 del 2012 sulla “prevenzione e repressione della
corruzione e dell’illegalità nella pubblica amministrazione” aveva
delegato il Governo ad integrare l’elenco degli incarichi “apicali e
semiapicali” che i magistrati “ordinari, amministrativi, contabili e
militari” possono svolgere presso istituzioni, organi ed enti pubblici
soltanto a condizione di essere collocati fuori del ruolo organico della
magistratura di appartenenza (cioè di non svolgere contemporaneamente
anche le funzioni giudiziarie), e aveva anche previsto un termine
massimo, sia pure assai ampio (dieci anni), di durata del collocamento
fuori ruolo.
Lo schema di decreto legislativo deliberato
dal Consiglio dei ministri in esecuzione della delega, oltre a disporre
la dovuta integrazione dell’elenco degli incarichi da svolgere
obbligatoriamente fuori ruolo, dispone anche, al di là delle previsioni
della legge di delega, che tutti gli incarichi da svolgere fuori ruolo
possano, in alternativa, essere svolti anche in aspettativa senza
assegni, ai sensi dell’art. 23 bis del decreto legislativo n.
165 del 2001, e che, collocati in aspettativa, i magistrati possano
anche ricoprire “cariche apicali o semiapicali presso organi o enti
partecipati o controllati dallo Stato”.
L’aspettativa di cui al richiamato art. 23 bis
non solo comporta, come tutte le aspettative, la conservazione del
posto di magistrato, ma neppure pregiudica, grazie a una norma speciale ad hoc (l’art. 1, comma 578, della legge n. 296 del 2006), l’anzianità di servizio.
La conseguenza è che anche l’ampio termine massimo decennale della
destinazione del magistrato a funzioni non giurisdizionali viene, nei
fatti, clamorosamente aggirato.
Benché il Consiglio
Superiore della Magistratura si sia sinora giustamente imposto, per
quanto riguarda la magistratura ordinaria, criteri di estremo rigore
quanto all’autorizzazione delle aspettative in questione, riteniamo che
il Governo farebbe bene a rimeditare dette previsioni, eccedenti la
delega legislativa e pericolose per l’indipendenza e imparzialità della
magistratura – di tutte le magistrature.
L’ampliamento
dell’ambito di esercizio di attività amministrative da parte di
magistrati, infatti, aggrava il disorientamento dei cittadini di fronte
alla commistione tra funzioni e ruoli che andrebbero invece tenuti
nettamente distinti (salvi i casi, invero non numerosi, in cui il
temporaneo svolgimento di funzioni amministrative da parte di magistrati
sia di effettivo giovamento per l’amministrazione pubblica e per la
formazione professionale del magistrato); aggrava, altresì, il fenomeno
dello sviluppo di “carriere parallele” di magistrati all’ombra del
potere politico. Di tutto questo la magistratura e il Paese non hanno –
specie in questo difficile momento – alcun bisogno.
8 marzo 2013 – Il Comitato esecutivo di Magistratura democratica