di Simona Granata-Menghini*
In un parere giuridico adottato il 16-17 marzo 2012 (http://www.venice.coe.int/docs/2012/CDL-AD(2012)001-e.pdf),
la Commissione di Venezia del Consiglio d’Europa (www.venice.coe.int) ha severamente criticato la recente riforma
del sistema giudiziario ungherese.
In un precedente parere giuridico sulla nuova costituzione ungherese (http://www.venice.coe.int/docs/2011/CDL-AD(2011)016-e.pdf),
la Commissione di Venezia aveva ammonito contro il rischio di derive
antidemocratiche nel campo della magistratura, individuando il fulcro del
problema da un lato nell’assenza di norme costituzionali a garanzia
dell’indipendenza del potere giudiziario come potere separato dall’esecutivo e
dal legislativo, e d’altro lato nella scarsità e vaghezza delle disposizioni
esistenti sull’organizzazione delle corti.
I timori della Commissione sono stati confermati con l’adozione da parte
del parlamento ungherese, il 28 novembre 2011, delle leggi sull’organizzazione
e l’amministrazione dei tribunali (legge CLXI) e sullo statuto giuridico e la
remunerazione dei giudici (legge CLXII). La riforma relega il pre-esistente (e,
secondo le autorità ungheresi, inefficiente) Consiglio Nazionale dei
Magistrati, composto esclusivamente di giudici, ad un ruolo meramente consultivo
di “supervisione dell’amministrazione centrale delle corti”, mentre attribuisce
pieni poteri alla persona del Presidente dell’Ufficio Giudiziario Nazionale, di
nuova creazione. Questa concentrazione di poteri nelle mani di un individuo è
unica in Europa. Il Presidente dell’UGN è eletto per nove anni dal parlamento,
con maggioranza qualificata di 2/3, tra i giudici con almeno cinque anni di
servizio, senza consultazione con il Consiglio Nazionale dei Magistrati; al
termine del mandato, il Presidente rimane in carica fino all’elezione del suo
successore: trattandosi di un’elezione con la maggioranza di 2/3, l’esercizio
interinale puo’ protrarsi sino a divenire una proroga de facto del mandato.
I poteri del Presidente sono vastissimi: tra le oltre cinquanta
attribuzioni esclusive, particolarmente problematiche sono l’iniziativa
legislativa nel campo del giudiziario; il potere di proporre al Presidente
della Repubblica la nomina e la revoca dei magistrati; il potere di nomina dei
presidenti, vice-presidenti e capi divisione dei tribunali e delle corti
d’appello; il potere di decidere le assegnazioni e il trasferimento, in caso di
riorganizzazione del tribunale, dei magistrati (che in caso di rifiuto possono
essere rimossi); il potere di decidere l’attribuzione dei casi e il
trasferimento di casi da un tribunale ad un altro. Questi poteri sono
personali: l’UGN non è un vero organo collettivo, ma una semplice struttura
amministrativa di supporto del Presidente.
Il Presidente deve presentare un rapporto sulle proprie attività al
Consiglio Nazionale dei Magistrati ogni sei mesi e ai Presidenti della Corte
Suprema e delle corti d’appello regionali e dei tribunali ogni anno. Tuttavia,
non gli è fatto obbligo di riferire sui criteri adottati nelle proprie decisioni.
Le decisioni del Presidente dell’UGN sono sottoposte ad un generico dovere di
trasparenza, ma non ad un obbligo di motivazione. Non è prevista possibilità di
ricorso innanzi a un tribunale.
I giudici sono sottoposti ad un periodo probatorio di tre anni,
rinnovabile. Questi periodi si sessieguono spesso ad una prima esperienza come
segretario giudiziario per un periodo fino a sei anni. In pratica, quindi, la
situazione precaria dei giudici ad inizio carriera puo’ protrarsi per un
periodo irragionevolmente lungo.
Una disposizione
transitoria cambia l’età pensionabile dei giudici da 70 a 62 anni, con il
risultato che tra 225 e 270 giudici ungheresi su 2900 lasceranno le funzioni
entro breve.
La Commissione di Venezia, pur riconoscendo la necessità di una riforma
del sistema giudiziario ungherese al fine di aumentarne l’efficienza, ha
ritenuto che la riforma recentemente adottata ne minacci l’indipendenza e crei
il rischio di violazioni del diritto all’equo processo garantito dall’articolo
6 della Convenzione Europea dei Diritti dell’Uomo. La Commissione di Venezia ha quindi
raccomandato la revisione non solo delle due leggi in questione, ma anche,
ancora una volta, della Costituzione.
*Vice-Segretaria
della Commissione di Venezia