“In vista di un riassetto e di una armonizzazione
delle discipline contrattuali collettive aziendali e territoriali che si sono
succedute nel tempo e nell’ottica di renderle coerenti e compatibili con
condizioni di competitività ed efficienza, vi comunichiamo il recesso a far
data dal 1 gennaio 2012 da tutti i contratti applicati nel gruppo Fiat e da
tutti gli altri contratti e accordi collettivi aziendali e territoriali
vigenti.
Saranno promossi incontri finalizzati a valutare le
conseguenze del recesso ed eventualmente alla predisposizione di nuove intese
collettive aventi a oggetto le tematiche sindacali e del lavoro di rilievo
aziendale con l’obiettivo di assicurare trattamenti individuali
complessivamente analoghi o migliorativi rispetto alle precedenti normative”.
La disdetta inviata il 21.11.11 ai sindacati chiude
completamente il cerchio nel percorso scelto dall’ad della Fiat per
“disinnescare” tutta la contrattazione collettiva vigente, interconfederale,
nazionale, territoriale ed aziendale, e creare una tabula rasa su cui
imporre regole, in materia sindacale e del lavoro, funzionali unicamente alle
esigenze di competitività ed efficienza delle imprese.
Il percorso ha avuto tappe fondamentali nella
disdetta del ccnl unitario 10 gennaio 2008, nella annunciata uscita da
Confindustria, nella conclusione degli accordi aziendali di Pomigliano e
Mirafiori, nella creazione di newco per evitare l’applicazione dell’art. 2112
cc e, con esso, dell’accordo interconfederale del luglio 1993 e dello stesso
contratto collettivo separato del 2009.
La decisione della Fiat solleva una serie di
problemi giuridici di grosso rilievo, a partire dal tema della rappresentanza e
rappresentatività sindacale e dalla connessa esigenza di una regolazione
normativa, alla irrazionalità dell’art. 19 Statuto dei Lavoratori, nella
versione post referendaria, in relazione all’attuale e anomalo sistema di
relazioni sindacali, alla antisindacalità della esclusione della Fiom dalla
rappresentanza nelle aziende Fiat.
La strategia, attuata dall’ad Marchionne, di fare
piazza pulita dei diritti e delle tutele consacrati nella contrattazione
collettiva degli ultimi decenni e di spostare la conclusione delle intese in
sede aziendale, ove più debole è l’organizzazione sindacale e più pressanti e diretti
gli elementi di ricatto occupazionale, ha trovato uno sbocco persino normativo
nell’art. 8 della manovra finanziaria (L. 148/11) e rischia di destrutturare
dalle fondamenta il nostro sistema di diritto del lavoro.
L’impegno verso una ritrovata unità sindacale, quale
emerge dall’accordo interconfederale del 28 giugno 2011, e la ripresa di un
ruolo di mediazione governativa appaiono, allo stato, argini irrinunciabili in
un sistema di politiche industriali e del lavoro in balia delle strategie del
gruppo Fiat e di irresponsabili obiettivi di deregolazione, in cui il
rischio di attentato alla democrazia e al pluralismo sindacale e ai diritti dei
lavoratori ha già superato il limite di guardia.
Gruppo lavoro Md