Non è detto che quando è giusto rispondere positivamente alla domanda sul “se” di una riforma, si debba per forza condividerne anche il “come”.
Non è detto che ogni intervento per abbassare l’età pensionabile sia felice nelle forme e nei contenuti. E affermare questo non significa essere contrari al progetto, se è vero che dieci anni fa contrastammo nel merito e nel metodo l’innalzamento a 75 anni dell’età pensionabile dei magistrati: una scelta dettata da ragioni che non convincevano, seguita da una gestione dei concorsi che per anni ha messo in crisi gli uffici giudiziari.
Così non convince oggi la scelta di intervenire sull’età pensionabile e sulle norme di ordinamento giudiziario con decreto legge, soprattutto se le norme riguardano problemi fra loro eterogenei e se le soluzioni adottate in concreto non sono state discusse preventivamente per confrontarsi con le criticità che gli operatori stanno adesso mettendo in evidenza.
Uno su tutti: imporre da un giorno all’altro che alla data del 31 ottobre 2014 vadano in pensione tutti i magistrati che hanno compiuto 70 anni (e quindi a scalare tutti gli altri che raggiungeranno quel limite) significa creare improvvisamente un ulteriore vuoto di alcune centinaia di unità nell’organico della magistratura che già soffre di una percentuale di vacanze prossimo al 15%. Un danno pesantissimo che verrebbe solo mitigato dalla eventuale scelta di rinviare di un anno il pensionamento per i soli magistrati che ricoprono incarichi di direzione o vicedirezione.
A parte i profili di disparità di trattamento fra magistrati dei medesimi concorsi, che non si vuole qui affrontare, resta il fatto che la corte di cassazione e molte corti di appello perderebbero nello stesso momento un numero rilevante di magistrati che non hanno incarichi ma rappresentano una fetta importante delle risorse esistenti. E la crisi già evidente delle corti si aggraverebbe senza che si possa porvi rimedio per molto tempo. Un vero e proprio collasso che a cascata inciderebbe sui tribunali e sulle procure della Repubblica.
Una prospettiva che si pone in rotta di collisione con gli sforzi che il Ministro della giustizia sta facendo per rilanciare la giustizia civile, abbreviare i tempi dei processi, ridare fiato a un sistema che da troppi anni è privo di investimenti.
Se, poi, ai pensionamenti improvvisi si sommassero nuove e non accettabili disposizioni in tema di responsabilità civile, ne uscirebbe un intervento complessivo in grado di spingere altri magistrati ancora a non restare a lungo in servizio.
In una giurisdizione che ha nel capitale umano la sua fondamentale risorsa, non sono queste le soluzioni migliori fra quelle che potrebbero essere adottate.
Luigi Marini (presidente Magistratura democratica)
(13 giugno 2014)