Magistratura e antifascismo
Dove ci porteranno le accuse di parzialità rivolte alla magistratura?
È comparso ieri sul quotidiano “Il Giornale” un articolo che ha attaccato pesantemente il collega Eugenio Albamonte in quanto Pubblico Ministero che conduce le indagini sull’occupazione abusiva di un immobile da parte di CasaPound.
Nell’articolo si riportano dichiarazioni virgolettate di esponenti di CasaPound che lanciano esplicite accuse di “parzialità” al magistrato, di cui si chiede la sostituzione con altro PM, perché “simpatizzante dei partigiani”: le sue opinioni “politiche” lo avrebbero quindi indotto ad un uso strumentale delle proprie funzioni e ad attivare indagini per attaccare un “avversario politico”.
Oggi le dichiarazioni dell’Onorevole Gasparri, sullo stesso quotidiano, preannunciano una interrogazione parlamentare, rilanciando l’attacco: l’accusa al collega, tanto grave quanto generica, è di essere stato “negligente” nel trattare una denuncia presentata dall’Onorevole per i numerosi messaggi di insulti ricevuti sui social, e di avere questa volta omesso di fare quanto dovuto sempre per finalità politiche, non essendo l’Onorevole Gasparri un appartenente “all’associazione partigiani”.
All’Onorevole Gasparri e a chi accusa giudici e PM di essere parziali perché “antifascisti” dobbiamo ricordare che tutti i magistrati hanno giurato sulla nostra Costituzione, nata dalla resistenza e dalla sconfitta della dittatura fascista, e che la nostra Associazione, costretta a sciogliersi dal fascismo che perseguitò i suoi dirigenti, rinacque e si ricostituì dopo la fine della dittatura fascista.
All’Onorevole Gasparri e a chi accusa giudici e PM di essere parziali perché “antifascisti”, dobbiamo ricordare che la nostra democrazia è viva perché sono vivi nella coscienza collettiva, nella coscienza dei singoli e nelle Istituzioni, tutti i valori della nostra Costituzione democratica antifascista.
Ma lanciare accuse gravi di “parzialità”, pretendendo di ridurre ad un interesse di parte o personale persino la condivisione dei valori fondanti della nostra democrazia antifascista, mira non solo a screditare il lavoro dei PM e, inevitabilmente, dei giudici che decidono sulle loro richieste. L’obiettivo è delegittimare le funzioni che sono assegnate alla magistratura in ogni Stato di diritto. Sull’esempio di quello che è accaduto e sta accadendo in altri paesi europei, come la Polonia e la Bulgaria, i magistrati sono accusati di perseguire finalità politiche e di asservire a queste finalità le loro funzioni.
L’obiettivo è togliere legittimazione alle loro decisioni perché prive del requisito primo del giudicare rappresentato dall’imparzialità, e spianare la strada alle riforme finalizzate a sottoporre la magistratura al controllo dell’esecutivo e degli autocrati di turno.
È una direzione molto pericolosa quella che si intraprende quando si decide di far terra bruciata intorno ad un’istituzione della democrazia, accusandola di agire contro la democrazia.
È una via senza ritorno quella che oggi rischiamo di imboccare trasformando il necessario dibattito pubblico sui fatti emersi dalle indagini perugine, e la sacrosanta richiesta alla magistratura di rendere conto delle degenerazioni accertate, in un regolamento di conti che può travolgere l’equilibrio democratico del nostro paese.
Le accuse di parzialità che oggi riguardano i PM, domani travolgeranno i giudici, minando alle basi la fiducia della collettività nella Giustizia: accuseremo di essere “fascisti” i giudici che assolveranno persone indagate dai PM accusati di essere “antifascisti”? Dietro ogni decisione ci sarà un giudice o un PM condizionato dalle sue opinioni, incapace di svolgere le sue funzioni nel rispetto assoluto del proprio dovere di imparzialità?
E quando nessun giudice sarà più legittimato ad emettere sentenze in nome del Popolo Italiano, perché dietro le sue decisioni vedremo sempre un interesse personale o convincimento di parte; quando la Giustizia non si potrà più amministrare nei Tribunali perché non ci saranno più giudici e PM legittimati a farlo, chi deciderà sui diritti e sulla libertà delle persone?
Come per qualsiasi rogo acceso in piazza, sia essa fisica o mediatica, il rischio è che prima o poi nessuno sarà in grado di domarlo.
E che a bruciare, insieme ai Tribunali, sarà tutta la città.
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