Documento per il Congresso
DOCUMENTO PER IL CONGRESSO
A cura di
David Calabria, Stefano Celli, Riccardo De Vito, Paolo Lepri, Maura Nardin,
Massimo Michelozzi, Antonio Minisola, Andrea Natale,
Marco Panicucci, Francesco Pinto, Emilio Sirianni, Lucia Vignale
DI AREA, DELL’ANM, E DI NOI
L’appuntamento congressuale deve riuscire a costituire – soprattutto oggi – l’occasione di chiarimento e di individuazione dei programmi futuri di lavoro: diversamente, non ha più alcuna reale ragion d’essere.
Gran parte delle nostre risorse ed energie sono state assorbite in questi anni – e più che mai negli ultimi tempi - dall’individuazione delle formule organizzative di cui dotare Area per consentirle di procedere ad un’azione autonoma ed autosufficiente, destinata a non essere più circoscritta alle sfere di operatività per cui inizialmente era nata (l’autogoverno centrale e locale).
Nella generale incertezza, appare però evidente (in tal senso abbiamo letto le riflessioni dell’ultimo consiglio nazionale) che – diversamente da ciò che molti ritenevano - Area stenta ad arricchirsi di nuovi contenuti, e sino ad oggi non ha messo al centro della sua azione il ruolo di promozione e tutela dei diritti che è invece centrale e irrinunciabile nella nostra idea di giurisdizione.
Il pericolo è che l’orizzonte si restringa entro confini strettamente professionali: un ambito pericolosamente corporativo che trascura il confronto con la realtà esterna proprio in un momento di crisi, come quello attuale, che impone di non rimanere aristocraticamente indifferenti ai bisogni di giustizia e di non rinunciare a riflettere sul ruolo della magistratura e della giurisdizione.
Comprendiamo la bontà delle ragioni che hanno portato alla scelta di Area quale concreto strumento per superare logiche di appartenenza nella determinazione delle scelte dell’autogoverno.
Dobbiamo però constatare che Area non è riuscita sin qui a soddisfare quelle ragioni, ma in concreto ha operato riproducendo logiche di appartenenza e senza contrastare le inaccettabili distorsioni cui quelle logiche conducono. Allo stato Area non è una “corrente” solo perché le mancano gli organi rappresentativi e i momenti decisionali che i promotori dell’esperienza si stanno sforzando di creare.
Siamo certi dell’onestà intellettuale di coloro che in Area hanno creduto e continuano a credere e ne apprezziamo la sincera volontà di cambiamento. Pensiamo però che l’unica strada percorribile comporti l’abbandono di una visuale tutta interna ai temi della professionalità e limitata alla promozione di un modello di magistratura capace di riflettere solo su se stessa.
Poiché, come sembra, da una tale visuale Area fa fatica a discostarsi, allora l’esperienza di Area deve essere limitata a quella dimensione, e pertanto non si deve operare alcuna “cessione di sovranità” né si devono accettare prospettive di fusione.
Per gli stessi motivi non possiamo accontentarci che il campo di azione di Magistratura Democratica si identifichi nel sostegno e nel rafforzamento dell’agire dell’ANM: a cui deve essere lealmente affidata la rappresentatività della magistratura nel suo complesso, ma nel nome della cui unità – oggi peraltro non perseguibile in concreto - non devono sacrificarsi componenti originali e necessarie di pensiero critico e di elaborazione quale è – e deve continuare ad essere – Magistratura Democratica.
Di Magistratura Democratica – tornando alla premessa - si celebra oggi il congresso generale: ed è quindi del progetto di questo soggetto che sentiamo la necessità che si parli per fugare ogni possibile confusione ed incertezza.
E’ allora di prioritaria importanza che il gruppo dirigente che uscirà dal voto congressuale sia chiamato ad occuparsi solo del governo del gruppo, senza ulteriori incarichi – anche prestigiosi – in organismi dell’Associazione, per rendere evidente, anche dal punto di vista simbolico e di immagine, che Magistratura Democratica svolge lealmente un ruolo all’interno della ANM, ma non è soltanto governo della ANM e opera autonomamente quale soggetto politico per promuovere attraverso la giurisdizione la realizzazione dei Principi Costituzionali di uguaglianza ed emancipazione.
Si potranno così anche evitare faticose (e pertanto improduttive) sovrapposizioni di ruoli. Perché c’è bisogno dell’energia di ognuno - e di tutta l’energia possibile - per il rilancio del pensiero di MD, che dovrà essere capace di ripartire dall’elaborazione del gruppi di lavoro per dare argomenti e ragioni di discussione dentro e fuori il gruppo, e dovrà accrescere la propria capacità di interloquire con la società civile e con tutte le sue espressioni, sociali e politiche.
E’ indispensabile, inoltre, che il Consiglio Nazionale raccolga candidature che non siano solo espressione di realtà locali, ma siano portatrici di competenze professionali complementari e differenziate, capaci di rafforzare l’organismo rappresentativo del gruppo sul piano del pluralismo culturale, su cui innanzitutto vorremmo che MD continuasse a svolgere la sua opera insostituibile ed originale.
Pensiamo che non sia possibile eludere ancora questi specifici nodi, che attengono alle stesse ragioni d’essere di Magistratura Democratica. Ferme restando le generali affermazioni di principio (che sentiamo condivise dall’intero gruppo) è sul contenuto della sua azione futura che noi crediamo il Congresso debba dare risposte nette, univoche, trasparenti.
Speriamo che intorno alle nostre proposte si apra una discussione franca e coinvolgente, capace di trovare le soluzioni migliori per una MD sempre visibile e protagonista del dibattito dentro e fuori alla magistratura.
Crediamo che questo richieda la partecipazione personale e l’impegno di tutti.
David Calabria, Stefano Celli, Riccardo De Vito, Paolo Lepri, Maura Nardin,
Massimo Michelozzi, Antonio Minisola, Andrea Natale,
Marco Panicucci, Francesco Pinto, Emilio Sirianni, Lucia Vignale
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