Articolo comparso su "Il Manifesto" del 15 agosto 2023
Dentro le mura devono entrare i diritti. Non servono più spazi, ma più operatori
Universo recluso Un carcere con una media di un funzionario giuridico-pedagogico ogni 71 detenuti, con picchi di un educatore ogni 379 non può conoscere le persone, prenderle in carico con efficacia
Chi era Susan John, lasciata(si) morire di fame e di sete nel carcere delle Vallette a Torino, l’11 agosto? Chi era Azzurra Campari, morta suicida lo stesso giorno in una cella dello stesso carcere? A queste domande non sappiamo rispondere. Di loro sappiamo pochissimo, quasi nulla.
Susan, 42 anni, pare avesse una condanna definitiva a dieci anni per tratta di essere umani (un reato che a volte fa poche distinzioni tra vittima e carnefice), un fine pena al 2030 e una sofferenza indicibile per non poter vedere il figlio di tre anni. Azzurra aveva 28 anni, un pena di un anno per reati di piccolo cabotaggio commessi molto tempo addietro, un dolore gridato alla madre nell’ultima videochiamata: «Non ce la faccio più».
Di loro possiamo solo dire di non sapere, ma c’è poco coraggio filosofico a ripetere la saggezza socratica. Semmai, c’è scoramento di fronte a un carcere che nonostante gli sforzi soggettivi di chi vi dedica vita e passione (la direttrice del carcere di Torino è senza dubbio tra questi), ancora dimostra di non essere oggettivamente in grado di conoscere le persone che prende in carico, di intercettare i loro bisogni e riempire i loro vuoti. Non c’è possibilità di reinserire, non c’è tensione alla rieducazione, se sai di non poter conoscere nulla di donne e uomini che ricevi negli spazi detentivi.
Per questo il problema del carcere oggi, nonostante il sovraffollamento, non sono (solo) gli spazi. E neppure le circolari che consentono di etichettare i problemi: disagio psichiatrico, evento critico, autolesionismo e così via. Credo che abbia poco senso, ora, verificare se siano stati rispettati i protocolli o se sia possibile usare le caserme dismesse per farvi nuovi luoghi di detenzione con i vecchi problemi. Se si vuole dare senso alle morti di Susan e Azzurra – e di Graziana, che pochi giorni prima si era tolta la vita sempre a Torino – occorre ragionare in termini di persone, progetti, diritti.
Un carcere con una media di un funzionario giuridico-pedagogico ogni 71 detenuti, con picchi di un educatore ogni 379 (XIX rapporto Antigone) non può conoscere le persone, prenderle in carico con efficacia. Se a ciò si aggiunge il deserto di altre figure professionali (psichiatri, psicologi, mediatori) e il taglio dei ponti con la società esterna, si capisce che si ha necessità di persone e non di altri spazi in cui travasare un modello di pena basato sull’espropriazione di tutto e sulla restituzione di niente.
Secondo punto: a dover cambiare è l’idea di carcere. È medievale che la detenzione, oltre alla libertà personale, sottragga ancora sempre e comunque (senza differenziazioni) affetti, relazioni, autonomia. Il penitenziario come luogo della segregazione alienante, almeno nei confronti di alcune categorie di detenuti, dovrebbe lasciare spazio, oltre che alle pene sostitutive e alle misure alternative, a un modo nuovo di housing detentivo. Bene hanno fatto la Società della ragione e la fondazione Michelucci, lo scorso 29 luglio, a ricordare Sandro Margara attraverso il rilancio della proposta di legge per l’istituzione delle case territoriali di reinserimento sociale. Un progetto detentivo integrato nella città, dove gli spazi si possano riempire di relazioni e senso, non di disperazione.
Infine, i modelli cambiano lentamente, ma, intanto, occorre lanciare una battaglia culturale (anche dentro la magistratura) perché i diritti occupino sempre più il posto della premialità e del correzionalismo. È impensabile che una madre non possa avere risposte sul se e quando vedere suo figlio. Non è un tema di rieducazione, è un tema di vita. E la pena non può togliere la vita.
Articoli Correlati
Editoriale
Ordine pubblico democratico
In questi giorni le notizie di cronaca hanno riportato una serie di episodi che richiamano la nostra attenzione sull’uso legittimo della forza pubblica e sul concetto di ordine pubblico.
“Il grado di civilizzazione di una società si misura dalle sue prigioni”(Dostoevskij)
La Casa Circondariale di Napoli Poggioreale “Giuseppe Salvia”
Il luogo di detenzione non è solo quello dove un individuo deve scontare la sua pena, ma un luogo dove, come ci insegna la Costituzione, bisogna predisporre tutti gli strumenti idonei per offrire, a chi ha sbagliato, nuove possibilità di reinserimento sociale, al fine di scongiurare che ritorni a delinquere e per tutelarne sempre la dignità e la salute psicofisica.
Carcere
Il Dap: una realtà complessa
Il Dipartimento dell’Amministrazione penitenziaria è una realtà estremamente complessa, senza eguali rispetto alle altre articolazioni del Ministero della Giustizia: sia per il suo enorme budget, pari a oltre 3 miliardi e 200 milioni di euro, pari a circa metà dell’intero bilancio ministeriale; sia per l’elevato numero di unità di personale, oltre 45.000, cui si aggiungono le circa 56.000 persone oggi detenute; sia per il numero di strutture penitenziarie, poco meno di 200, alcune delle quali, per dimensioni, sono vere e proprie piccole città; sia per la varietà delle interrelazioni con altre amministrazioni, centrali e locali, su temi cruciali per gli equilibri del sistema penitenziario (salute, lavoro, formazione, assistenza sociale); sia per le implicazioni politiche che riguardano il discorso pubblico sulla pena e sul carcere e per un’attenzione mediatica in genere rivolta a cogliere i segnali di pericolo che provengono da una realtà avvertita come minacciosa, quasi mai a tentare un’analisi razionale dei problemi e delle possibili soluzioni, rispetto a cui vi è una coazione a ripetere slogan ideologici e spesso privi di qualunque aggancio con il mondo reale.
Chi è cosa. Chi pensa cosa
La conversione in legge del decreto no vax/ergastolo/rave
L’interpretazione della legge passa anche attraverso l’esame, quando è necessario, dei lavori preparatori. Non è quello che intendiamo fare qui, proponendo brevi estratti degli interventi per dichiarazione di voto alla Camera dei Deputati sulla fiducia posta dal Governo sul “decreto No vax/rave/ergastolo”. Ma crediamo che la lettura, sia pure per sintetico estratto, di ciò che i rappresentanti dei diversi partiti hanno detto, consenta a tutti di vedere “chi è cosa” e “chi pensa cosa”.
Carcere
Report visita al Carcere di Sollicciano
Il carcere è uno dei luoghi in cui un paese democratico misura il suo tasso di aderenza ai diritti universali dell’uomo.
È il fulcro in cui l’uso della forza, regolato dallo Stato nel processo, cerca il suo più difficile equilibrio con l’umanità del trattamento sanzionatorio e con la risposta rieducativa che la Costituzione affida alle pene.