L’impegno riparte da Catania

a cura di Simona Ragazzi

CATANIA – Sabato 5
novembre 2011
si è svolto a Catania,
dinanzi a un uditorio nutrito, articolato e partecipe, il Convegno sul
“Contrasto ai patrimoni delle mafie”
,organizzato da Area (Magistratura Democratica e Movimento per la Giustizia/Articolo 3)
insieme a Libera (coordinamenti territoriali di Catania e Siracusa).

Si è riflettuto sullo “stato
dell’arte” di un’area della giurisdizione penale – la confisca dei beni di
provenienza ingiustificata facenti capo agli indiziati e ai condannati per
associazione di tipo mafioso – la quale, benché concepita già dai promotori
dell’originario progetto di legge (depositato il 31.3.1980, primo firmatario
Pio La Torre)
come “arma strategica” nella lotta alle mafie, non a caso affiancata alla
stessa codificazione della fattispecie di reato di associazione per delinquere
di tipo mafioso, ha costituito nel tempo sempre un terreno quanto mai impervio
e talvolta è perfino apparsa come la “cenerentola” della giurisdizione penale,
e ciò per molteplici criticità e punti deboli, insiti sia nella legislazione
sia nella prassi: dal diverso modo in cui viene interpretata la obbligatorietà
dell’azione patrimoniale dai vari uffici requirenti alla inadeguatezza degli
strumenti di indagine; dalla scarsa e scarna regolamentazione del procedimento
giurisdizionale (diviso tra procedimento camerale e spinte verso il modello
dibattimentale) alle disarmonie di disciplina tra misure di prevenzione e
procedimenti ex art. 12-sexies L. 356/92, per finire con le inefficienze della
procedura amministrativa di destinazione dei beni confiscati in via definitiva.

Sul
punto è intervenuto di recente il Decreto Legislativo 6 settembre
2011 n. 159, intitolato “
Codice
delle leggi antimafia
e delle misure di prevenzione”, il quale, benché nato da esigenze condivise (quali
quella di razionalizzare la materia diffusa in varie norme, di migliorare la
prevenzione alle mafie attraverso la confisca dei loro patrimoni e agevolarne
la gestione e destinazione), non pare rispondere all’auspicabile potenziamento
delle leggi ‘storiche’ in tema: la Rognoni-La Torre
n. 646/1982 e la Legge
n. 109/1996, che sancisce la
destinazione sociale dei beni confiscati quale unico sbocco della confisca.

In sintesi, a dispetto della generale delusione per i
contenuti del Codice Antimafia e le prospettive inquietanti sulla sorte dei
beni “dopo la mafia”, anche attraverso il successivo dibattito è emersa la
volontà di continuare a impegnarsi per far funzionare questa complessa macchina
(fatta anche di molti “ferri vecchi” e di colpevoli inerzie) nonostante tutto e
al contempo di battersi per prassi efficaci e virtuose e, a più lungo
termine, per nuove soluzioni normative.
Il nuovo Codice Antimafia, quindi, lungi dal rappresentare la “summa” della
migliore legislazione antimafia, non può essere considerato un punto di arrivo,
ma un “cantiere aperto”, al quale ci auguriamo di potere ancora lavorare.

Si possono leggere sintetici resoconti dei contenuti
dell’incontro anche sui siti www.redazionesottosfratto.it
(a cura di Agata Pasqualino, giornalista di “STEP 1” -Laboratorio di giornalismo
dell’Università di Catania – Libera Informazione, e autrice anche
dell’inchiesta giornalistica “Case Loro” sulla condizione di abbandono di
alcuni beni confiscati e destinati a Catania) e www.argocatania.org (“Le armi spuntate
del Codice Antimafia”, che riporta anche la versione audio integrale degli
interventi di Francesco Menditto e Roberto Scarpinato).

Di seguito il
report integrale del seminario curato da Simona Ragazzi, Segretario Md Catania.