Sull’art. 8
la Corte Cost. contraddice la legge Fornero
di Roberto Riverso
Con la sentenza n. 221/2012 la
Corte Cost. ha respinto le questioni di costituzionalità sollevate dalla
Regione Toscana, avverso l’art. art 8 della legge di
manovra finanziaria (l. 14 settembre 2011 n.148 di conv. del d.l. 13 agosto
2011 n.138 ), intitolato “sostegno alla contrattazione collettiva di
prossimità”.
Si tratta, com’è noto, della norma
che ha riconosciuto l’efficacia generale
dei contratti aziendali o territoriali (“di prossimità”) con capacità derogatoria sulle norme di
legge (solo nazionali?) e di contratto nazionale; esponendo così il diritto del lavoro, che ha come sua naturale vocazione
quella all’inderogabilità ed all’eguaglianza del trattamento, su tutto il
territorio nazionale, al rischio della destrutturazione, di essere cioè
frammentato a misura di aziende, stabilimenti, gruppi e singoli territori, se
non addirittura di singoli reparti (posto che per le legge le suddette “intese”
possono essere “specifiche”).
La costruzione del nuovo
diritto derogatorio legata all’ambito territoriale ed aziendale, porta perciò
la conseguenza che nell’ambito di una medesima area geografica vi potranno
essere consistenti differenziazioni di tutela in rapporto alle mutevoli condizioni
di forza dei lavoratori all’interno delle singole aziende (in una si potrà
applicare l’art.18 o la conversione in caso di illegittimità del termine, in
altra vicina no, e così via).
I contratti locali così
sottoscritti sono poi efficaci nei confronti di tutti i lavoratori interessati;
e quindi si pongono allo stesso livello della legge, cui derogano. Lo stesso
art.8 prevede infatti esplicitamente l’efficacia erga omnes della
contrattazione in deroga all’interno della stessa azienda o territorio.
Le questioni di costituzionalità
risolte nella sentenza 221/2012 erano state sollevate dalla Regione Toscana
esclusivamente sotto il profilo della lesione
delle prerogative regionali ai sensi dell’art.117 Cost.
E’ noto che, a seguito della riforma del Titolo V della Costituzione ad
opera della legge costituzionale n. 3/2001, la materia della “tutela del
lavoro” (insieme a quella della “sicurezza sul lavoro”) è
stata testualmente attribuita alla potestà legislativa concorrente di
Stato e Regioni.Da ciò discende che rientri nell’ambito della stessa
competenza concorrente tutta la disciplina che riguarda il mercato del
lavoro.
E’ pure noto (in base a
precedenti pronunce della Corte Cost. ad es. in materia di mobbing, sentenze
231/2005, 384/2005, 401/2007) che il riparto della
complessa materia del lavoro si snoda lungo linee di demarcazione
articolate, difficili da definire in modo statico e certo, in relazione ad una
disciplina che è per sua natura trasversale, esposta a diverse tipi di
competenze; tanto da far intravedere un vero e proprio “labirinto delle fonti”.Come risulta dalla stessa giurisprudenza della Corte Cost. successiva alla
riforma del titolo V, vi sono infatti numerose intersezioni tra profili
di competenza statale e regionale, per cui sempre più spesso una stessa
fattispecie presenta ambiti e profili che insistono sotto le differenti
tipologie di competenze descritte nell’art.117 Cost. (oggetto cioè di
competenza concorrente, esclusiva statale, residuale regionale).
In questa nuova pronuncia la Corte
Cost. ha ritenuto – con palese self restraint – di dover ricondurre per
intero l’oggetto definito dall’art.8 (definito eccezionale ai sensi
dell’art. 14 delle preleggi) unicamente all’interno della materia “dell’ordinamento
civile”, appartenente alla competenza esclusiva dello Stato; senza cogliere
ed evidenziare le naturali (direi ovvie) ricadute negli ambiti di competenza
regionali (riferiti appunto alla tutela e
sicurezza del lavoro e dunque al mercato del lavoro ) di una
regolamentazione che, attraverso una di serie di previsioni definite
della Corte Cost tassative – ma che obbiettivamente non paiono tali – demanda ai contratti collettivi di
occuparsi a preferenza della legge ad
es. di natura dei rapporti di lavoro, organizzazione del lavoro, mansioni,
impianti audiovisivi, trasferimenti dei lavoratori, licenziamenti, ecc..
Sotto questo ultimo aspetto
la sentenza della
Corte Cost. pone una questione politica seria: perché dopo che per legge (la n.
192/2012; c.d. legge Fornero) si è stabilito che la flessibilità in uscita incide anche su quella in entrata, e che
pertanto andava sostanzialmente cancellato l’art.18 dello Statuto dei
lavoratori; ora la Corte Cost. dice che non è tecnicamente così, in quanto
l’art.8 – che pure potrebbe consentire di delegificare la materia dei
licenziamenti – non tocca invece per niente il piano del mercato del
lavoro, su cui le Regioni hanno una competenza concorrente costituzionalmente
protetta.
Si tratta di una affermazione che
contribuisce a smentire – sia pure sul piano tecnico della distribuzione delle
competenze legislative – tutto il teorema su cui è stata fallacemente
impiantata la recente controriforma dell’art.18.
Va avvertito comunque che dopo la
stessa pronuncia costituzionale non viene meno alcuno degli evidenti profili di illegittimità
costituzionale che lo stesso art. 8 presenta nel merito; sopratutto in
relazione all’attentato che esso reca ai principi del valore del lavoro e di
eguaglianza; oltre che ai principi di libertà sindacale e di integrità della
stessa normativa costituzionale. A tale ultimo proposito va anzi
rimarcato come nella stessa sentenza 221 (nella parte conclusiva) si lasci del
tutto in sospeso e senza risposta (in quanto ritenuto materia di ordinamento
civile dello Stato) il sospetto che l’art. 8 violi l’art. 39 (quarto comma)
Cost., per mancato rispetto dei requisiti soggettivi e della procedura che il
precetto costituzionale impone ai fini di conferire efficacia erga omnes ai
contratti.
Roberto Riverso