Lettera aperta a
tutti i parlamentari di Camera e Senato
sulla situazione
delle carceri italiane
Magistratura
Democratica, Ristretti Orizzonti e Antigone avvertono la necessità
di fare appello alla coscienza di ogni parlamentare per affrontare i
drammatici problemi che affliggono ogni giorno il c.d. pianeta
carcere ed in particolare la condizione dei detenuti.
Sono
anni che le questioni attinenti l’ambito penitenziario non vengono
inserite tra le priorità dell’agenda politica nazionale. Ciò
accade in una democrazia avanzata che annovera tra i valori primari
della sua Carta Costituzionale il principio secondo cui “le pene
non possono consistere in trattamenti contrari al senso di umanità e
devono tendere alla rieducazione del condannato”.
1.
E’ un appello che vuole essere anche una denuncia.
Intendiamo
denunciare come la dimensione della “quotidianità” del carcere
sia ormai drammaticamente distante dalla prospettiva indicata nella
Carta costituzionale.
Ancora
una volta i dati al riguardo sono estremamente eloquenti.
Il
carcere è un “pianeta” in cui, secondo la c.d. capienza
regolamentare, potrebbero essere ospitate 45.551 persone e nel quale,
il 31 maggio 2011, erano invece costrette a convivere 67.174 persone,
con una elevatissima presenza di soggetti tossicodipendenti (pari nel
2010 al 24,42%).
E’
un “pianeta” in cui le persone si suicidano molto più spesso che
nel mondo dei liberi (a seconda delle stime: da sette a venti
volte più spesso).
E’
un “pianeta” in cui manca il personale necessario a realizzare
percorsi di inclusione e reinserimento; manca il personale necessario
per garantire il trattamento rieducativo in una cornice di sicurezza;
manca il personale necessario ad assicurare il primario diritto alla
salute.
Le
condizioni delle carceri in Italia sono talmente inaccettabili che la
Corte Europea per i diritti Umani in occasione della sentenza 16
luglio 2009, nel noto caso Sulejmanovic vs Italia, le ha
espressamente dichiarate illegali.
Tutto
accade nella pressoché totale disattenzione dei media e
quindi dell’opinione pubblica, salvo ridestarsi nel periodo estivo,
quando i palinsesti del circuito della comunicazione offrono un po’
più di spazio e quando, con maggiore urgenza, si percepisce la
drammaticità dei problemi, magari in corrispondenza dell’eterna
“emergenza sovraffollamento”.
2.
La situazione è urgentissima e bisogna intervenire subito.
Basta
coi proclami sterili e propagandistici. La dignità dei carcerati non
può attendere l’ennesimo “piano carceri”, le promesse sempre
reiterate e mai mantenute, la costruzione di nuovi edifici per la
detenzione.
L’imputato viene
condannato alla detenzione non al degrado.
Il diritto di vivere come
“esseri umani” deve essere garantito ora anche negli istituti
penitenziari.
3. Sarebbero
auspicabili riforme di sistema.
Come
da tempo segnalano le voci più autorevoli del settore, provenienti
dall’Accademia e dalle libere professioni, un legislatore
responsabile dovrebbe affrontare alcuni nodi cruciali: la
depenalizzazione di molti reati ed il drastico intervento su alcune
leggi che producono carcere in misura maggiore (si pensi, ad esempio,
alle norme in materia di stupefacenti), il rafforzamento degli
strumenti sanzionatori alternativi alla pena detentiva, il
superamento di un approccio complessivo nella legislazione che appare
ispirato ad una logica meramente securitaria.
Occorrerebbe
dare corpo ad un valore costituzionale di alta civiltà secondo cui
la pena ha anche una funzione rieducativa.
Tanto
più che il tasso di ricaduta nel reato per coloro che hanno scontato
pene in regimi alternativi alla detenzione in carcere è marcatamente
inferiore rispetto a quanti hanno scontato tutta la pena in carcere.
4.
Interventi importanti possono adottarsi con urgenza e a costo zero.
Per
avere carceri più umane, in attesa di riforme di sistema, ci
rivolgiamo a chi ha assunto responsabilità parlamentari,
sottoponendogli la necessità di:
a)
prevedere l’ampliamento delle possibilità di accesso alle misure
alternative, in particolare superando le presunzioni legali di
pericolosità sociale (poste tra le altre dalle numerose norme sulla
recidiva e dall’art. 58 quater ord. pen.) e riconsegnando
alla magistratura di sorveglianza la responsabilità di valutare –
caso per caso e senza automatismi spesso ingiusti – se un
condannato possa scontare la pena attraverso percorsi alternativi al
carcere;
b)
prevedere, per i reati che non siano espressione di particolare
allarme sociale ed in concreto sanzionabili con pene non elevate, che
gli autori vengano messi in carcere (in caso di rigetto delle
richieste di misure alternative alla detenzione) soltanto se negli
istituti vi siano posti disponibili rispetto alla capienza
regolamentare o quantomeno tollerabile;
c)
rendere permanente la previsione legislativa di esecuzione presso il
domicilio delle pene detentive non superiori ad un anno (ad oggi
fissata dalla legge n. 199/2010 sino al 31.12.2013, con previsione
temporanea… in attesa del piano carceri);
d)
adeguare gli organici della magistratura di sorveglianza, oggi
incapace di rispondere tempestivamente alla domanda di giustizia,
rafforzandone anche i poteri di vigilanza e la capacità di incidere
effettivamente sulle situazioni di violazione dei diritti delle
persone detenute.
5.
Gli investimenti indilazionabili
La
legge penitenziaria italiana è una delle migliori sul piano europeo.
Ma quanto delineato dai testi normativi è smentito dalle
applicazioni “sul campo”.
I
rapidissimi ritocchi normativi suggeriti dovrebbero essere affiancati
da ulteriori iniziative, necessarie a garantire che la pena sia
effettivamente votata a finalità di recupero del condannato alla
società e ponga le condizioni affinché il reo, uscito dal carcere
non ricada nel delitto.
Ci limitiamo a segnalarne
alcuni, ed in particolare l’adeguamento:
-
degli
organici del personale addetto agli Uffici Esecuzione Penale
Esterna; -
degli organici del
personale educativo e sanitario all’interno delle Case
circondariali; -
degli organici del
Corpo di Polizia penitenziaria; -
delle strutture
carcerarie, in modo tale da garantire da un lato la separazione, pur
prevista dalla legge e rarissimamente attuata nei nostri istituti
penitenziari, tra detenuti in custodia cautelare e detenuti
condannati con sentenza definitiva; e dall’altro lato la creazione
di strutture specifiche e funzionali alle peculiari esigenze di
particolari categorie di reclusi, come le detenute madri e i
tossicodipendenti.
L’appello
che rivolgiamo alla Politica risponde ad un interesse diffuso della
collettività.
Il
rispetto della dignità delle persone detenute misura la civiltà di
un Paese.
Un
carcere che funziona attraverso la praticabilità di percorsi di
reinserimento realmente assistiti e progettati, può restituire alla
società persone che più difficilmente commetteranno altri reati.
Un
carcere a misura d’uomo rappresenta la migliore declinazione di
quella richiesta di legalità che giunge dalla società e che si
rivolge anche alle istituzioni; una richiesta che, come operatori, ci
sentiamo in dovere di formulare pubblicamente.
Magistratura
Democratica – Associazione Antigone – Ristretti Orizzonti –
Coordinamento nazionale dei Garanti dei detenuti.