23 maggio 1992 - 23 maggio 2014

Per non dimenticare mai

di Esecutivo di Magistratura Democratica
di GIANFRANCO GILARDI*
L’anniversario delle stragi di Capaci e Via D’Amelio non è soltanto il doloroso ricordo di un tragedia immane, ma è ogni volta un richiamo delle coscienze al ruolo delle giurisdizione nella vita democratica di un paese, ai valori profondi della Costituzione ed a modi in cui la cultura della legalità si è venuta concretamente inverando nei diversi ruoli e nelle funzioni istituzionali contro ogni forma di violenza e di sopraffazione. Nell’assolvimento dei propri compiti, non sono pochi coloro che hanno pagato anche con la vita, uomini tutti per i quali (richiamando parole scritte in ricordo di Giovanni Falcone e Paolo Borsellino, ma che possono essere ripetute anche per Antonio Montinaro e gli altri componenti delle loro scorte, Rocco Dicillo, Vito Schifani, Agostino Catalano, Walter Eddie Cosina, Emanuela Loi, Vincenzo Li Muli e Claudio Traina) l’impegno per la legalità non era qualcosa di eroico e straordinario, ma una scelta di vita fondata sul senso dello Stato e sulla consapevolezza che stare dalla parte della legge è una condizione essenziale per l’affermazione delle libertà e per la realizzazione delle persone
    
Ribadire questi concetti è tanto più urgente in una fase storica in cui la criminalità mafiosa, ben lungi dall’essere stata definitivamente sconfitta, continua ad inquinare il tessuto economico della società e si insinua a volte anche in settori delle istituzioni. In un contesto in cui l’illegalità diffusa; l’evasione fiscale e la corruzione; la violenza; la crescita drammatica di povertà e disoccupazione sembra  non riescano a produrre altri progetti per la giustizia se non quello di controllare i giudici quasi che il problema non fosse la violazione della legge, ma coloro che nell’adempimento dei propri doveri ne perseguono il rispetto, occorre ribadire che è proprio in nome dell’esercizio indipendente della giurisdizione che uomini come Giovanni Falcone ed Antonio Montinaro hanno saputo assicurare, a prezzo della loro vita, il controllo di legalità nel pieno rispetto delle regole, ma anche senza rinunce né tentennamenti, mentre altre funzioni dello Stato erano forse inerti, distratte o latitanti.  
Come sottolineava un’altra vittima della mafia, Rosario Livatino, in un discorso sul ruolo del magistrato nella società che cambia, recuperare il diritto e la legalità quale riferimento unitario della convivenza collettiva non può costituire compito di una minoranza, ma deve entrare a far parte della coscienza collettiva. Soltanto se tali principi saranno vissuti e praticati da ogni  istituzione come presidio indispensabile della vita democratica, e se l’etica dello Stato e la moralità pubblica torneranno ad essere assunti come un dovere a cui deve concorrere, per la sua parte, ogni cittadino, la memoria del sacrificio di uomini come Giovanni Falcone ed Antonio Montinaro non avrà un valore solo commemorativo, ma costituirà un tassello del ritorno a quel grande progetto comune, a quella insuperabile ed incrollabile speranza che è la Costituzione italiana.
*discordo pronunciato a Peschiera del Garda, nella sede della Scuola della Polizia, dove è stata ricordata la strage di Capaci, alla presenza della vedova di Antonio Montinaro, il caposcorta di Giovanni Falcone che rimase trucidato insieme a lui e agli altri componenti della scorta.

(23 maggio 2014)

23/05/2014

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