Speciale

XIX Congresso Nazionale di Md

di Esecutivo di Magistratura Democratica

L’intervento di Maria Eugenia Oggero

IL SISTEMA della UFFICI GIUDIZIARI nella EVOLUZIONE della REALTA’

 

A
Genova, ci siamo resi conto, nell’ambito del gruppo di Magistratura
Democratica, della esigenza di riflettere e confrontarci sul ruolo del
dirigente dell’ufficio giudiziario ed abbiamo, dopo una serie di occasioni di
scambio assembleare, versato i tratti più significativi della nostra
riflessione in un lavoro che, per precisa scelta anche semantica, mi piace
definire semplicemente scritto.

Uno
scritto che, si è detto nel corso delle varie riunioni, non viviamo come
momento di approdo rispetto alle numerose questioni che il tema della DIRIGENZA
pone ma che, invece, andrebbe letto come (ulteriore) elemento di propulsione al
dibattito, una presa d’atto della complessità del tema, meritevole, come tale,
di essere posto tra le priorità dell’ulteriore elaborazione di Magistratura
Democratica. 

E’
indubbio, quindi, il merito che la segreteria della sezione genovese abbia
avuto, quando, qualche mese fa, ha proposto questo tema: la discussione, la
riflessione collettiva hanno consentito, infatti, di evidenziare alcune aporie,
criticità e, di conseguenza, hanno posto l’accento in merito ad alcune scelte
del recente passato, trasfuse nella disciplina del d.vo 106/2006, oltre che
della normativa secondaria del Consiglio.

Il
tema della assoluta centralità delle FONTI INFORMATIVE, della necessità di
affinare gli strumenti a disposizione dell’autogoverno (CG, CSM) nei
procedimenti di selezione dei dirigenti ovvero di servirsene efficacemente, il
tema (delicato e controverso) dei punteggi
nella valutazione delle singole attitudini dirigenziali, l’aspetto relativo
alla (ineliminabile) discrezionalità, ma anche la verifica, strada facendo, del
loro operato, l’EFFETTIVO MONITORAGGIO, strumentale al corretto svolgimento
della loro attività in progress,  del lavoro del dirigente (e, quindi,
dell’andamento del relativo ufficio), pongono problemi interessanti per il
gruppo e per la magistratura nel suo insieme.

In
questa ottica, il tema della carriera
rappresenta uno degli aspetti – certo molto delicato e politicamente distintivo
– sul quale siamo chiamati a riflettere ed offrire elaborazione: non vorremmo
che l’approccio, da costruttivo e progressivo come ci si propone, pervenga,
invece, ad una lettura eccessivamente polemica e critica verso una realtà che,
soprattutto se comparata al passato più risalente, presenta non trascurabili
benemerenze. 

Se,
come credo tutti noi desideriamo, l’obiettivo ultimo sia garantire agli uffici
il miglior assetto organizzativo possibile, e, nel contempo, desideriamo che
sia attribuita ad ogni magistrato l’effettiva possibilità di accedere alla
carriera dirigenziale, cruciale diventa il tema della FORMAZIONE, del bagaglio
culturale necessario per svolgere correttamente quel ruolo.

Il
richiamo alla attività della SCUOLA della MAGISTRATURA è immediato e diventa
essenziale, in questa logica, che il nostro organo formativo si accinga a
soddisfare (anche) tale esigenza culturale, non soltanto verso coloro che, ad
un certo momento della loro storia professionale, intendano aspirare a svolgere
incarichi direttivi, ma (soprattutto, direi) verso ogni magistrato la cui
crescita culturale in tal senso, consentirà la partecipazione al governo ed
alla gestione collettiva dell’ufficio, finendo, in ultima analisi, per
valorizzarne consapevole il ruolo sistemico. 

L’ufficio
non dovrà più essere la semplice sommatoria degli sforzi, dell’impegno, del
lavoro di ciascun magistrato ma, in virtù dell’acquisita consapevolezza e dei
relativi strumenti professionali da parte di ciascun magistrato, potrà
finalmente rappresentare quel SISTEMA che ci auspichiamo divenga.

In
altre parole, la nostra istituzione giudiziaria ha bisogno della massima
diffusione orizzontale del sapere organizzativo.

Come
ha detto LUIGI MARINI nell’intervento di questa mattina, va essere superata la
logica dell’artigianale autorganizzazione, perché – credo che ormai la maggior
parte di noi ne siano convinti – la risposta di giustizia proviene dall’ufficio
e non soltanto dal lavoro del singolo magistrato e, quindi, è imprescindibile
l’esigenza di organizzare secondo questa sensibilità gli uffici giudiziari 

Allora,
occuparsi di DIRIGENZA significa avere a cuore la sorte di ciascun magistrato,
valorizzarne il ruolo e, in ultima analisi, pure tutelarne l’operato dal
rischio di esposizione mediatica che – come credo la cronaca e la storia ci
insegnino – si annidi, ove l’azione giudiziaria non sia connessa ad una
struttura organizzativa salda e trasparente.

Temi,
tutti, degni della massima cura ed attenzione riflessiva da parte di un gruppo
di magistrati democratici.           

Come,
a corredo, pure l’ineludibile questione delle PRIORITA’ nell’organizzazione
della trattazione, a cominciare dagli affari penali, nell’organizzazione degli
uffici: non soltanto per il requirente, ma, irrinunciabilmente, ove si intenda
accedere ad una logica unitaria, complessiva, per il giudicante, tra uffici
orizzontalmente connessi ma pure legati verticalmente.

Trasparenza,
responsabilità, accountability, costituiscono
direttrici imposte da una lettura della funzione giurisdizionale che abbia a
cuore la comunità, in ultima analisi destinataria della domanda di giustizia. 

E
allora, ci si avvede di quanto abbiamo parlato e dovremo ancora parlare di temi
concreti, così lontani dalla utopia, dal non-luogo: si tratta di scegliere di
occuparci di LUOGHI, PERSONE e della loro STORIA.

Maria Eugenia Oggero           

11/02/2013

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