Roma Frentani
31-2 febbraio 2013:Quale Giustizia al tempo della crisi.
1.
La storia di Md
Il
congresso è luogo di bilancio di ciò che è stato realizzato ma soprattutto momento
di programmazione della futura linea
politica.
Per
Magistratura Democratica questo Congresso è qualcosa di più, la risposta alla
domanda posta inmolti documenti precongressuali: esiste ancora un ruolo per
Magistratura Democratica?
Se non ora quando mi verrebbe da dire, appropriandomi di uno slogan
felice e denso di significati!
Tanti
scritti raccontano la storia del nostro gruppo evidenziando la ricchezza dei confronti-scontri ideali e politici.
Una
storia di quasi mezzo secolo, una storia di emozioni, passione, amicizia,
condivisione, (Nello Rossi nella riflessione a margine del libro di
Palombarini-Viglietti pubblicata in Questione
Giustizia ricorda proprio come all’origine di ogni cambiamento operato da MD c’
è sempre stato un sentimento) che ha consentito ad ognuno di noi di sentirsi
meno solo nell’esercizio della giurisdizione; e senza questa molteplicità di
sentimenti Magistratura democratica non
sarebbe stata una esperienza così
coinvolgente e nessuno gli avrebbero dedicato uno spazio così importante
della propria vita.
Il patrimonio di “famiglia” di un intellettuale collettivo particolarmente vivace eplurale,
che ha alimentato il dibattito, contribuendo a far crescere la magistratura e
la giurisdizione, come hanno ricordato tanti soggetti esterni che hanno preso
la parola in questo congresso.
Negli
anni Magistratura Democratica è stata il motore di importanti stagioni di riforme che hanno consentito l’affermarsi
del principio della responsabilità culturale del magistrato, della cultura delle garanzie e della tutela dei diritti, di una forma più
adeguata del valore di imparzialità.
Un
gruppo che è sempre stato capace di confrontarsi ed aprirsi a tutta la magistratura, in primis
all’associazione nazionale magistrati, muovendosi nel costante contatto con la società, proponendo nuovi valori e nuovi modi di
essere dei magistrati e della stessa
giustizia.
Voglio quiricordare tre linee di azione politica che hanno
caratterizzato l’agire di Magistratura
democratica e che, sotto una diversa prospettiva, mantengono ancora oggi
inalterata la loro efficacia: la
rottura con la corporazione, la
politicità della giurisdizione, il
compito di “guardianaggio” per dirla come Borrè.
2. La futura agenda
politica di Magistratura Democratica
Partirei
da queste per verificare se Magistratura Democratica può uscire da questo
congresso con una rinnovataagenda politica.
La
rottura della corporazione nel
passato ha significato lotta alla gerarchia ed alla carriera, recupero della
indipendenza interna, conquista del
sistema tabellare e rispetto del principio del giudice naturale nell’assegnazione
degli affari, critica ai provvedimenti giudiziari e rifiuto della
giurisprudenza imposta dall’alto.
Oggi abbiamo
bisogno di praticare una rinnovata rottura rispetto
all’idea di magistratura, di giurisdizione e di associazionismo che avanza.
Quella di chi teorizza che occorre conoscere la
lista degli iscritti alle correnti per verificare la bontà delle scelte del
Consiglio Superiore;
Quella
di che sceglie di non dichiarare le proprie idee per paura di essere
discriminato ma nel contempo cerca e ottiene “protezione”;
Quella
di chi è sempre in regola con le statistiche ma nel lavoro sceglie la via più
semplice che non sempre è quella più giusta;
Quella
di chi non ha mai dubbi;
Quella
di chi scrive bellissimi saggi su
importanti riviste ma non ha tempo per
confrontarsi negli uffici e porsi qualche domanda
in più–cit. di Andrea Natale- (penso all’importanza della sentenza della Corte
Costituzionale in tema di bilanciamento tra recidiva ed attenuante di cui al V
comma dell’art. 73 d.P.R. 309/90, ottenuta grazie all’azione di un giudice di
Torino);
Quella
di chi non ha mai tempo per partecipare alla vita associativa o
dell’autogoverno diffuso ma non perde occasione per definirle carriere
parallele;
Quella
di chi ritiene che il processo finisce con le indagini e/o il giudizio cautelare,e utilizza
i mezzi di comunicazioni per rilanciare la bontà della attività giudiziaria svolta.
Penso
ancora alla Magistratura Democratica protagonista
nel dibattito culturale e giuridico nazionale, anche attraverso una critica
aperta e spesso scomoda;alla capacità di
confronto con l’esterno in difesa dei valori costituzionali, dell’uguaglianza e
del garantismo, valori più che mai centrali
a fronte della forte espansione della giurisdizione avvenuta negli
ultimi anni.
In
più occasioni, anche nell’ultimo decennio, Magistratura Democratica ha provato
a raccogliere le proprie proposte offrendole al mondo politico,auspicando un intervento riformatore di grande respiro dopo
che per anni le priorità sono state ottenere l’impunità dei poteri forti e degli
imputati eccellenti, delegittimare la giurisdizione e la magistratura, affamare
gli uffici giudiziari per paralizzare la
macchina giudiziaria.
Un compito più che mai attuale, con cui nei
prossimi mesi occorrerà confrontarsi.
Abbiamo
infatti il diritto ed il dovere di chiedere alla classe politicache sarà
espressa dal voto di fine febbraio di riaprire il dialogo con i protagonisti
della giustizia, come ci ha ricordato il
vicepresidente Michele Vietti, di accettare il contributo di competenza che possiamo offrire, di agire mettendo al centro dell’intervento riformatore il valore
della giurisdizione nell’irrinunciabile prospettiva europea.
I
temi di riforma sono moltissimi, per ragioni di tempo ne scelgo quattro, senza
nessuna pretesa di esaustività o di priorità.
Corruzione.
Il Presidente della Corte dei Conti Luigi
Giampaolinio, nel corso di un’audizione alla Camera, ha indicato in sessanta miliardi di euro il “costo” della corruzione. Praticamente
una “tassa” di mille euro che pesa su ogni italiano, come ha ricordato la
Presidente Campanato alla inaugurazione dell’anno giudiziario.
Senza parlaredelle conseguenti ricadute
in termini di perdite di investimenti stranieri. Alcuni studi dimostrano che rimuovendoil
malaffare, il Pil potrebbe crescere del 4% in cinque anni.
Il Parlamento, come sappiano, ha approvato unalegge (6 novembre 2012, n. 190) che
per molti è stata una prima risposta ai richiami dell’Europa ed un segnale di discontinuità con il passato.Alcuni
autorevoli giuristihanno anche evidenziato come si sia trattato di un
intervento legislativo ‘politicamente’ arduo, se si considera la maggioranza
su cui il Governo uscente poteva contare.
Anche Franco Ippolito ieri nell’accogliere
il Ministro ha espresso analoga considerazione.
Ecco io vorrei qui ribadire che a mio
avviso quell’intervento è stata una grande
occasione mancata, ed il governo, proprio perché tecnico, avrebbe potuto osare
di più. Tutti infatti sappiamo, e se ne è dimostra consapevole in questa sede
anche il Ministro Severino, che la legge
non è idonea a risolvere il livello di corruzione di cui soffre il
Paese, che richiede innanzitutto la modifica dell’attuale disciplina della
prescrizione dei reati e poi quantomeno la riforma del falso in bilancio, dato
che l’esperienza ci ha insegnato essere condotte prodromiche
alla corruzione; l’introduzione del c.d. autoriciclaggio , principale canale di occultamento dei proventi delittuosi dei
reati economici e di corruzione, che costituisce uno; l’estensione del reato di
scambio elettorale politico-mafioso, non solo ai casi in cui è provata
l’erogazione di danaro ma anche alle altre utilità, con l’obiettivo di spezzare
il rapporto corruttivo tra mafia e politica.
Al prossimo Parlamento
spetterà quindi di dimostrare se veramente la lotta alla corruzione costituisce
una priorità, nella consapevolezza
che siamodi fronte ad un’illegalità di sistema senza precedenti, dato
l’emergere di sempre più gravi infiltrazioni mafiose nella società,
nell’economia, nella pubblica amministrazione e nelle Istituzioni. Le ultime
indagini lombarde hannoinfattidimostrato come la criminalità mafiosa ha invaso
tutto il nord e controlla porzioni
sempre più rilevanti del territorio produttivo, arrivando ad alterare regole fondamentali
per la vita democratica.
Processo penale e prescrizione
L’Italia ha il triste
primato in Europa del maggior numero di declaratorie di estinzione del reato
per prescrizione (circa 170.000 l’anno) e, paradossalmente, del più alto numero
di condanne della Corte europea dei diritti dell’uomo per l’irragionevole
durata dei processi.
Una situazione allarmante, perché spinge alla fuga
dal processo, scoraggiando i riti alternativi, incentivando strategie
dilatorie, implementando il numero delle impugnazioni.
Il numero di
proscioglimenti per il maturare del termine di prescrizione costituiscela vera sconfitta della funzione del
processo (volto all’accertamento della verità processuale).
Senza
sottovalutare che i casi diproscioglimento per il decorso del tempo non coinvolgono quasi mai la devianza marginale.
Da questo punto di visto
credo sia apprezzabilela rassicurazione data dal Ministro Severino,
sull’impegno ad operare sul piano della prescrizione e della depenalizzazione.
La palla ora passa al
futuro Parlamento e credo che sia doveroso per Magistratura Democratica offrire un
contributo di razionalità e di competenza.
Occorre infatti ricostruire un più mite modello di azione
penale obbligatoria, da un lato ridefinendo
le fattispecie penali di effettivo rilievo criminoso ed incrementando l’esperienza della mediazione
penale, dall’altro operando con i criteri della scarsa rilevanza del fatto e
della tenue offensività della condotta, strada peraltro già oggi imboccata
dalla Corte di Cassazione anche con alcune pronunce in tema di violazione della
legge stupefacenti
Carcere.
Le
condizioni di sovraffollamento superano ogni livello di tollerabilità e ledono
in modo grave e ingiustificabile la dignità delle persone, mettendoin serio
dubbio la stessa legittimità, nelle condizioni date, dell’esercizio del diritto
punitivo dello Stato.
Non
dimentichiamo che secondo la nostra Costituzione le pene non possono mai
consistere in trattamenti contrari al senso di umanità .
Ora anche la sentenza della
Cedu richiama tutti alle proprie responsabilità: anche quindi la
magistratura.
Le
novità più rilevanti provengono ancora una volta da Magistratura Democratica.
Prezioso
il documento elaborato per il congresso con cui con ci si interroga sulla possibilità che per legge, sia
stabilito il rinvio obbligatorio della esecuzione della pena detentiva, per le condanne
brevi, nei casi in cui essa si svolgerebbe in condizioni tali
da non garantire il rispetto della dignità dei condannati.
Altamente positiva la circolare emanata dal Procuratore della Repubblica di Milano, l’amico Edmondo Bruti Liberati, che
invita i sostituti a fare ampio uso
delle misure alternative alla detenzione e a ridurre la richiesta di custodia
cautelare in carcere, esempio concreto della capacità di trasferire valori importanti
nel concreto svolgimento di un incarico
direttivo.
Diritti fondamentali.
Lascia senza parole l’appello
che si è levato dalle madri di Taranto, scese in piazza per tutelare la vita
dei propri figli dal rischio del cancro, che già ha fatto numerose vittime.
A Taranto si sta consumando un dramma nel dramma.
L’Ilva è una madre
che dà nutrimento perché dà lavoro ma nello stesso tempo genera morte per l’inquinamento che produce.
E la magistratura è ancora
una volta chiamata a operareal centro di questa tragedia, che coinvolge ‘beni’ primari come quello della salute,
dell’ambiente e del lavoro.
Bene ha
fatto il Procuratore Generale di Lecce a ricordare,in occasione
dell’inaugurazione dell’anno giudiziario,
che laproprietà dello
stabilimento, compresa quella attuale, non ha mai inteso adempiere alle
prescrizioni contenute nei provvedimenti emessi nel corso dei decenni dalla
magistratura e che i Governi, che si sono succeduti nel tempo, non hanno mai
voluto affrontare seriamente la questione della bonifica dei siti inquinati,
dell’ambientalizzazione e della riqualificazione del territorio della città di
Taranto.
Un caso drammatico che
testimonia l’attualità della politicità
della giurisdizione. Mi auguro chein futuro la politica della green economy, diventi una priorità del Paese.
3.
Il mio augurio a Magistratura Democratica
Concludorivolgendo
un augurio a Magistratura Democratica e per farlo prendo in prestito due
pensieri di Rita Levi Di Montalcini:
“Nella vita non bisogna mai rassegnarsi, mai
arrendersi alla mediocrità, bisogna essere capaci di uscire da quella zona
grigia in cui tutto e abitudine e rassegnazione passiva, bisogna coltivare il coraggio di ribellarsi.”
Ed
ancora
“Rare sono le persone che usano la mente,
poche coloro che usano il cuore, e uniche colore che usano entrambe.”
Mi
piacerebbe che nei prossimi anni Magistratura Democratica, in qualunque luogosi
trovi ad operare, da Area all’Associazione Nazionale Magistrati, dalla
giurisdizione alconfronto esterno, sia sempre
tra quei soggetti unici capaci di
usare la mente ed il cuore, capace
di contaminarsi, di rinnovarsi, di essere protagonista di un modo nuovo di fare
associazione, sintonizzata con le
esigenze di una società e di una magistratura in continuo mutamento, capace di
ripensare alla deontologia del magistrato e
capace di proporre ai giovani magistrati un modello di magistrato europeo.
Non
so se questo mio auspicio rimanda a forme di eresia del passato, ve lo propongo più
semplicemente come un invito a
proseguire su una strada tracciata tanto tempo fa e di cui personalmente
sento ancora bisogno.
Nelle
nuove sfide all’orizzonte, ad iniziare dall’avventura di Area come possibile
luogo in cui ridefinire l’identità della magistratura progressista, non può
mancare il prezioso patrimonio di famiglia che ho provato a descrivere.
Ezia Maccora