Prove generali per un Pubblico Ministero scelto dal Ministro

Considerazioni a margine delle vicende Eurojust ed EPPO

Il ruolo del Pubblico Ministero nell’ordinamento è al centro di accese discussioni almeno dalla prima metà degli anni ’90. La “separazione delle carriere” rappresenta il punto di approdo per chi vuole spezzare l’appartenenza ad un unico ordine giudiziario di giudici e pubblici ministeri. Una riforma che – mai come oggi – sembra avere il vento in poppa con un Ministro che se ne è fatto principale sponsor.

È difficile tuttavia – anche nelle posizioni più fortemente spinte verso questo obiettivo – una messa in discussione esplicita della indipendenza “esterna” del Pubblico Ministero, vale a dire la sua autonomia dal potere politico. L’esperienza di altri paesi insegna che è complesso salvaguardare tale autonomia una volta che si disgrega la unitarietà dell’ordinamento giudiziario. E, almeno come orizzonte generale, il ripudio dell’assoggettamento del Pubblico Ministero a un vertice politico è restato sinora fermo nella cultura istituzionale del nostro paese. 

Eppure proprio partendo dal terreno di nomine “europee”, è esattamente questo principio che si sta rimettendo in discussione.

Il  CSM ha votato il 21 giugno 2023 il parere sullo schema di decreto legislativo relativo alla  nomina dei componenti italiani di Eurojust. Essi cambiano natura poichè non saranno più “fuori ruolo” ma resteranno nella giurisdizione e per questo è previsto che la nomina spetti al CSM. Salva la forma, si cambia però la sostanza di una nomina che spetta all’autogoverno:  nello schema di decreto legislativo, si prevede infatti che il Ministro della Giustizia possa fare osservazioni anche proponendo un candidato diverso da quello proposto dal Consiglio, che è tenuto a motivare specificamente se dissente da tali osservazioni.

Pochi giorni fa – essendo scaduto il mandato del precedente (e primo) Procuratore Europeo – è stato nominato il rappresentante italiano alla Procura Europea.  

La procedura di designazione, stabilita dal Regolamento (UE) 2017/1939 e, per la parte interna, dal decreto legislativo n. 9 del 2021, è complessa: essa prevede la designazione (e non la nomina) da parte del CSM di tre candidati e un’interlocuzione con il Ministro della Giustizia, il quale che può formulare osservazioni, o proporre una diversa designazione, con onere del CSM di motivare nel caso non accolga  le osservazioni.

I candidati designati sono sottoposti alla valutazione di un comitato di selezione tecnico, composto da “dodici persone scelte tra ex membri della Corte di giustizia e della Corte dei conti, ex membri nazionali di Eurojust, membri dei massimi organi giurisdizionali nazionali, procuratori di alto livello e giuristi di notoria competenza. Una delle persone scelte è proposta dal Parlamento europeo”; il parere motivato del Comitato di selezione, che contiene il giudizio sui candidati designati dall’autorità nazionale, viene trasmesso al Consiglio dell’Unione europea che, ai sensi dell’art. 16 Reg. (UE) 2017/1939, nomina i Procuratori Europei.

È accaduto che il Consiglio UE, su indicazione del rappresentante del Governo italiano, abbia nominato come Procuratore Europeo colui che, sulla base della procedura di valutazione del Comitato di selezione, era risultato ultimo nella terna dei candidati italiani. 

Il Regolamento istitutivo della Procura Europea, nel rimettere la nomina dei Procuratori Europei al Consiglio UE, non considera vincolante il parere tecnico del Comitato di selezione ma la domanda che si impone è: può un organo politico, quale è il Consiglio, discostarsi dalle indicazioni di un organo tecnico particolarmente qualificato e nominare un candidato ritenuto meno meritevole? Sulla base di quale criterio ciò può avvenire? E il Ministro non deve esercitare le sue prerogative rispetto a questo passaggio decisivo con modalità coerenti con lo statuto di indipendenza del Pubblico Ministero nel nostro ordinamento?

Non è chiaro il percorso che ha portato alla designazione del nuovo membro italiano alla Procura Europea. 

La decisione – nel dare atto che non si è seguito l’ordine di preferenza non vincolante del comitato di selezione – non esplicita le ragioni che hanno indotto il Ministro a dare un’indicazione diversa, discostandosi peraltro da una prassi, se non costante, certamente largamente maggioritaria, che vede la designazione per questo incarico del soggetto ritenuto più idoneo dal Comitato di selezione.

L’indipendenza è alla base del progetto che ha portato all’istituzione della Procura Europea ed è principio che nel regolamento si ritrova alla base delle sue funzioni e dell’agire di tutti i suoi componenti.  Attraverso i Procuratori Europei delegati, l’EPPO esercita funzioni giudiziarie nel nostro ordinamento: funzioni di Pubblico Ministero nelle indagini e nei processi per i reati che ledono gli interessi finanziari dell’Unione Europea, anche nei contesti di criminalità organizzata, dalle frodi IVA ai reati di contrabbando, e a tutti gli illeciti penali che oggi riguardano l’attuazione del PNRR. Si tratta di uno snodo molto importante nel circuito delle indagini penali. E il Procuratore Europeo è il soggetto con funzioni apicali che supervisiona, facendo parte del Collegio dei Procuratori e delle Camere Permanenti, il lavoro dei Procuratori Europei Delegati che operano nel territorio nazionale.

Quel che è accaduto deve far riflettere.

Il nostro ordinamento, sia pure con limiti e contraddizioni, fa della autonomia della magistratura un baluardo da salvaguardare.

Non si è mai dato, in Italia, che una carica giudiziaria sia stata decisa su indicazione del Ministro della Giustizia.

Ci troviamo dinanzi a un precedente allarmante, che può segnare  un cambiamento negli equilibri istituzionali e un passo in avanti per un assetto del Pubblico Ministero alle dipendenze del Ministro.

 

Gruppo comunicazione di Magistratura democratica

02/07/2023

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