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Lo stato dei figli: una questione di diritti fondamentali

L’iniziativa della Procura della Repubblica di Padova di impugnare – con il procedimento di rettificazione previsto dall’articolo 95 del d.P.R. n. 396 del 2000 – gli atti di nascita di 33 bambini di coppie composte da due mamme, registrati dal Comune a partire dal 2017, pone degli interrogativi enormi con i quali, in quanto giuriste e giuristi, dobbiamo confrontarci.

 

Siamo perfettamente consapevoli che il procedimento è in fase iniziale e che, per capire meglio le ragioni e le argomentazioni della Procura, occorrerà attendere le udienze fissate dal Tribunale e le conseguenti decisioni, ma non possiamo, oggi, non pensare alla sofferenza e alla paura che hanno trafitto in queste ore la serenità di quelle famiglie, di quelle mamme e di quei bambini.

Come associazione di magistrate e magistrati convintamente impegnati nella diffusione della cultura dei diritti umani e delle libertà fondamentali, seguiremo con attenzione lo sviluppo di questa e di altre vicende analoghe che si stanno susseguendo negli ultimi mesi nel nostro panorama politico e giudiziario. 

Ma vogliamo subito ricordare, per il ruolo che ogni giorno esercitiamo incidendo concretamente sulle vite degli altri, che la funzione del diritto non è quella di ostacolare ma  quella di proteggere i legami familiari che si fondano sull’affetto, sull’amore e sulla cura reciproca; che, sotto lo scudo dell’articolo 2 della nostra Costituzione nessuna autorità politica, amministrativa o giudiziaria può impedire a una famiglia che si fondi su questi legami di essere tale: una famiglia, senza distinzioni di genere, di orientamento sessuale e di altre condizioni personali che possano renderla “meno famiglia” delle altre.

E, ancora, che l’apertura al diritto sovranazionale e il recepimento dei  principi introdotti dalle convenzioni internazionali cui il nostro Paese ha prestato adesione determina un’interpretazione del concetto di ordine pubblico, interno e internazionale, caratterizzata da un sempre più marcato riferimento ai valori giuridici condivisi dalla comunità internazionale e alla tutela dei diritti fondamentali, al quale fa inevitabilmente riscontro un affievolimento dell’attenzione verso quei profili della disciplina interna che, pur previsti da norme imperative, non rispondono ai predetti canoni comunitari ed europeisti.

La giurisprudenza della Corte E.D.U. (casi Mennesson c. Francia, ricorso n. 65192/11; Labassee c. Francia, n. 65941/11; D. c. Francia, ricorso n. 11288/18 e, da ultimo, D.B e altri c. Svizzera, ricorsi nn. 58817/15 e 58252/15) è costante nell’affermare che il mancato riconoscimento delle sentenze e la mancata trascrizione dei certificati di nascita che accertano in capo al minore lo stato di filiazione da entrambi i genitori, biologico e intenzionale, costituiscono un’interferenza nella vita privata e sono contrari al superiore interesse del minore.

La stessa Corte costituzionale, con le sentenze n. 32 e n. 33 del 2021, ha pienamente riconosciuto il progetto genitoriale scaturito dalla relazione omoaffettiva, censurando esplicitamente la situazione di ingiustificata discriminazione dei figli minori delle coppie omoaffettive che si verifica nel nostro ordinamento interno, con particolare riguardo alla denegata tutela del diritto del minore all’inserimento e alla stabile permanenza nel proprio nucleo familiare e del  diritto alla propria  identità. 

Anche la Corte di cassazione, con la sentenza n. 23319 del 23 agosto 2021, ha stabilito che non può essere ritenuto contrario all’ordine pubblico il riconoscimento di un rapporto di filiazione in assenza di un legame biologico, quando la madre intenzionale abbia comunque prestato il consenso all’impiego da parte della partner di tecniche di procreazione medicalmente assistita, anche se tali tecniche non sono consentite nel nostro ordinamento.

La giurisprudenza di merito, la più vicina ai casi concreti e ai corpi delle persone che dietro a quei casi vivono, ha ritenuto, anche con decisioni molto recenti, che nel bilanciamento tra l’interesse pubblico a rimuovere lo stato di filiazione e l’interesse del figlio alla conservazione dei quello stato, prevale in concreto quello del figlio alla certezza dello stato, in quanto la stabilità del rapporto garantisce tutela a un suo interesse fondamentale, ravvisabile nella necessità di mantenere l’identità personale acquisita quale figlio degli adulti che, pur privi di legami genetici, lo abbiano accudito, mantenuto e educato, e siano stati riconosciuti dalla collettività come suoi genitori;  conseguentemente, l’azione di rettificazione di cui all’articolo 95 del d.P.R. 396 del 2000 non dovrebbe essere proposta con l’unico fine di risolvere una “questione di stato” ottenendo la rimozione di uno status già acquisito dal minore attraverso l’annotazione sul proprio atto di nascita del relativo riconoscimento.

Questo nostro intervento vuole essere un contributo al dibattito su questi nuovi diritti che, espandendosi, creano conflitti che interrogano la coscienza giuridica e personale di tutti coloro che hanno a cuore la protezione delle persone più vulnerabili.

Riteniamo che la Costituzione riconosca l’indipendenza della magistratura quale presidio di legalità e di giustizia di fronte a ogni forma di invasione, privata e pubblica, nella sfera dell’habeas corpus di ciascuna e di ciascuno di noi. 

 

L’Esecutivo di Magistratura democratica

 

21/06/2023

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