L’involuzione di questi giorni in Ungheria rappresenta un segnale di forte allarme per tutta l’Europa e deve valere come richiamo per tutte le democrazie oggi colpite dalla gravissima emergenza sanitaria e dalla crisi, sociale ed economica, che la stessa ha innescato.
La riforma per i pieni poteri al governo ungherese dimostra che le situazioni di crisi possono diventare l’occasione per liberarsi dei vincoli della democrazia e degli ostacoli che le sue regole e Istituzioni pongono all’accentramento dei poteri e all’alterazione del sistema costituzionale.
Oggi, più che mai, occorre vigilare sugli sviluppi che in tutta Europa può avere il processo di regressione della democrazia, che ha portato all’affermazione di democrazie illiberali anche nei paesi dell’Unione e che, in nome del ritorno alla sovranità nazionale, ha dato impulso al progetto di disgregazione dell’Europa unita, quale comunità fondata sui diritti e sui valori universali e indivisibili di solidarietà, eguaglianza e pari dignità delle persone.
Come cittadini europei, dobbiamo essere consapevoli che manomettere le regole e le forme della democrazia, come accaduto in Polonia e Ungheria, ha un prezzo altissimo per i diritti e le libertà delle persone: in questi paesi, infatti, abbiamo assistito a scelte regressive per i diritti civili e sociali, per la libertà di riunione e di associazione, per la libertà di stampa, di espressione e accademica, per i diritti dei migranti, dei richiedenti asilo e degli appartenenti alle minoranze.
L’Europa deve uscire dalla crisi, salvando la democrazia e tutto il patrimonio di diritti e di valori che fanno parte della sua identità.