Coltivazione domestica

Il ripensamento della Cassazione

di Riccardo De Vito
presidente Md

Con una recente pronuncia, le Sezioni Unite della Cassazione hanno ritenuto non punibili penalmente le attività di coltivazione di stupefacenti di minime dimensioni, svolte in forma domestica e destinate in via esclusiva all’uso personale del coltivatore

 Il 7 febbraio 2018 Luigi Saraceni, nel commentare una sentenza della Corte di Cassazione penale, che riteneva non punibile penalmente la coltivazione di sei piantine di cannabis destinate ad uso personale, auspicava che questa soluzione «in assenza di un intervento risolutivo del legislatore potesse diventare patrimonio unanime della giurisprudenza». Parole profetiche.

A distanza di poco meno di due anni possiamo dire che, mentre la politica si contorce in un dibattito asfittico e moraleggiante, la giurisprudenza di legittimità torna sulla controversa materia della coltivazione di piante di cannabis.

Sappiamo perché sia tema spinoso: una distonia tra le formulazioni del comma 1 e del comma 1-bis dell’art. 73 d.P.R. 309/90 impedisce in astratto di configurare la non punibilità della coltivazione in caso di destinazione all’uso personale, a differenza di quanto accade per la detenzione dei derivati (marijuana e hashish).

Di qui un problema serio per il principio di uguaglianza, al quale le Sezioni Unite penali ora offrono una risposta ragionevole e chiara per l’interprete. Siamo in attesa delle motivazioni della decisione presa all’udienza del 19 dicembre 2019 e la cautela è d’obbligo.

L’anticipazione tuttavia parla chiaro. Dopo aver ripetuto, conformemente al dato normativo, che per integrare il reato di coltivazione è sufficiente la conformità al tipo botanico della pianta e l’attitudine di questa a maturare e produrre sostanza stupefacente, le Sezioni Unite precisano che «devono ritenersi escluse, in quanto non riconducibili all’ambito di applicazione della norma penale, le attività di coltivazione di minime dimensioni svolte in forma domestica, che, per le rudimentali tecniche utilizzate, lo scarso numero di piante, il modestissimo quantitativo di prodotto ricavabile, la mancanza di ulteriori indici di un loro inserimento nell’ambito del mercato degli stupefacenti, appaiono destinate in via esclusiva all’uso personale del coltivatore».

Possiamo dire di trovarci di fronte alla reintroduzione della provvidenziale nozione di coltivazione «domestica» ritenuta, a differenza della coltivazione «imprenditoriale», non penalmente rilevante.

L’inversione di rotta rispetto all’orientamento consolidato nelle sentenze gemelle delle Sezioni Unite penali di nove anni fa (28605/2008 Di Salvia e 28606/2008 Valletta) è lampante.

Nel fare piazza pulita della distinzione tra tipologie di coltivazione, quelle sentenze specificavano che «costituisce condotta penalmente rilevante qualsiasi attività non autorizzata di coltivazione di piante dalle quali sono estraibili sostanze stupefacenti, anche quando sia realizzata per la destinazione del prodotto a uso esclusivamente personale». Si trattava di un approccio che esaltava il rigore della legge, appena temperato dalla dichiarata irrilevanza di condotte non offensive in concreto. In cosa consistesse questa inoffensività, tuttavia, non era dato sapere, mantenendosi la Cassazione sullo stesso livello di genericità della sentenza 360/1995 della Corte costituzionale.

Di qui le interpretazioni contrastanti dei giudici di merito e il diffondersi di un orientamento rigorista che vedeva soltanto nel reato impossibile (totale assenza di efficacia psicotropa) la via d’uscita dal penale.

Inutile rimarcare le dannose conseguenze sul processo e sul carcere di questo orientamento.

C’è da augurarsi che il ripristino di criteri limpidi di distinzione tra condotte penalmente rilevanti e condotte sanzionate soltanto in via amministrativa produca alcuni effetti sperati: allontanare il consumatore occasionale e personale dalle vie dello spaccio e della criminalità; far riflettere la politica sulla pluralità delle tipologie di consumo e sulla necessità di affrontare questa diversità con politiche sociali non repressive.

 Articolo pubblicato da Il Manifesto
edizione del 31 dicembre 2019

02/01/2020

Articoli Correlati

Comunicati

L’elezione del Presidente e della Giunta esecutiva centrale dell’Associazione nazionale magistrati

Dopo quasi dieci ore di lavoro, il Comitato direttivo centrale dell’Associazione nazionale magistrati ha eletto l’8 febbraio scorso il nuovo Presidente e la Giunta esecutiva dell’ANM, con indicazione largamente condivisa.

Comunicati

Un morto al giorno

Ieri si è verificato un decesso nel carcere di Prato 
Oggi si è verificato un decesso nel carcere di Firenze Sollicciano 

Comunicati

Md aderisce al Comitato per la difesa della Corte penale internazionale e dell’Onu

È evidente a tutti che è in corso un grave attacco politico al diritto e alla giustizia internazionale, e agli organismi internazionali ai quali è stato affidato, dopo gli orrori della Seconda guerra mondiale, il compito di difenderli e di attuarli. 

Video

Marco Patarnello ospite di Piazza Pulita, La7

Marco Patarnello ospite di Piazza Pulita , La 7 (6 febbraio 2025)

Comunicati

The statements made by the Minister of Justice in Parliament today on the case Almasri are a serious wound to the rule of law

Instead of giving reasons for failure to transmit case records to the Attorney General of Rome’s office, for the imposition of precautionary detention to the Libyan citizen
Almasri and his surrender to the ICC, in execution of the arrest warrant issued by the Court, the Minister railed against the International Criminal Court. Not only by criticizing on the merits of the arrest warrant, but even naming it a “void act” and “completely messed-up”.