Magistratura democratica aderisce all’appello rivolto alle istituzioni europee (del Consiglio e dell’Unione) sulla situazione in Turchia promosso da Luigi Ferrajoli, David Cerri, Ignazio Juan Patrone con il supporto della Fondazione Basso. Con questo documento − aperto alla firma di avvocati, docenti di materie giuridiche, magistrati
di ogni ordine giurisdizionale, magistrati onorari, ed alle
associazioni di giuristi − si intende sollevare, otto mesi dopo il tentato colpo di stato, il tema della ineffettività, in quel Paese, delle garanzie minime che dovrebbero essere poste a tutela di tutti i cittadini degli Stati membri del Consiglio d’Europa.
Md invita a sottoscrivere il documento inviando una mail alla Fondazione Basso all’indirizzo: adesione.iniziativa@fondazionebasso.it
Nella mail vanno indicati con chiarezza: nome; cognome; qualifica in forma sintetica (es. professore di …; avvocato; magistrato; magistrato contabile; magistrato amministrativo)
Per i legali, indicare il foro di iscrizione.
Per i magistrati, indicare il relativo ufficio (es. Procura di …; Corte di …).
Per i professori, indicare università o istituto di apaprtenenza.
IL DOCUMENTO
Il tentativo di
colpo di Stato militare avvenuto in Turchia il 16 luglio 2016 è stato
certamente un episodio grave e
inaccettabile. La reazione cui tale tentativo di golpe ha dato luogo da
parte del Governo della Turchia è stata però
manifestamente sproporzionata e numerose tra le misure di emergenza prese
appaiono essere in aperta e grave violazione della Convenzione europea per la
salvaguardia dei diritti dell’uomo – di cui la Turchia fu tra i primi firmatari
– e del Patto Internazionale dell’ONU sui diritti civili e politici.
Nei molti mesi
ormai trascorsi dalla data del tentato golpe continuiamo ad assistere attoniti
al prolungamento di uno stato di emergenza che appare ben oltre i limiti
indicati dall’art. 15 della Cedu: all’epurazione in massa di professori
universitari e di insegnanti di ogni ordine e grado, di magistrati, di
funzionari, di militari. Ciò mentre gli avvocati vengono arrestati o
intimiditi, i giornalisti indipendenti sono ridotti al silenzio, i diritti di
ogni imputato ad una difesa libera ed effettiva e i principi minimi del giusto
processo vengono calpestati. Il fermo di polizia è stato portato
all’incredibile limite di sessanta giorni, vengono confiscati i beni delle
persone sospette, le accuse vengono formulate in modo del tutto generico e
fanno riferimento ad appartenenze, reali o supposte, a “gruppi
terroristici”, senza che la natura e l’attività di tali supposti gruppi
sia mai stata dimostrata.
Nessuna fiducia,
di fronte a tali misure repressive, può
oggi essere riposta in un controllo giurisdizionale interno, che è affidato a
magistrati intimiditi, minacciati a loro volta di repressione, con procedure di
emergenza la cui affidabilità appare pressochè nulla.
Ovunque le
autorità turche vedono “nemici” e “complotti”, in un clima
di continue minacce ad altri Paesi, membri della medesima comunità di diritto,
che ci ricordano le peggiori esperienze vissute dal nostro Continente nel
Novecento.
Di fronte ad
avvenimenti tanto gravi e ripetuti, le reazioni delle istituzioni europee, sia
del Consiglio d’Europa che dell’Unione europea, appaiono timide, reticenti e
del tutto inefficaci.
Ci si è
trincerati dietro a distinzioni formali, si è dibattuto senza decidere mentre
si lascia che uno Stato membro del Consiglio d’Europa e candidato all’Unione
Europea violi apertamente le regole che ci siamo liberamente dati e sul cui
rispetto abbiamo fondato la nostra coesione e la nostra comune esperienza di
giuristi.
Deludenti, per quanto formalmente motivate,
sono apparse le prime pronunce della Corte europea dei diritti umani, che ha
respinto come irricevibili, per mancato esaurimento dei rimedi interni, i
ricorsi individuali che contestavano la legittimità delle misure di emergenza
adottate dal governo turco. L’allarmante attuale compromissione delle libertà e
dei diritti fondamentali prodotta da quelle misure ben rappresenta una di
quelle situazioni speciali che la stessa giurisprudenza della Corte di
Strasburgo ha, in passato, ammesso come eccezioni alla regola del previo
esaurimento dei ricorsi interni.
Noi giuristi
europei, accademici, avvocati e magistrati, chiediamo che le nostre Istituzioni
comuni, quelle rappresentative e quelle esecutive come quelle giurisdizionali,
sappiano vedere la realtà degli avvenimenti turchi, sappiano reagire con la
forza del diritto a violazioni che, se oggi avvengono in un solo Paese, domani
potrebbero legittimarne di analoghe in altri.
Roma, 25 marzo 2017
Promotori e primi firmatari
Luigi Ferrajoli, professore emerito di
Filosofia del diritto, Università di Roma Tre
David Cerri, avvocato del Foro di
Pisa
Ignazio Juan Patrone, magistrato
italiano di collegamento in Francia