Proverò a spiegare in poche e semplici parole quello che è stato e vorrei continuasse ad essere il mio percorso quale giovane giudice di Magistratura Democratica.
Una delle ragioni della mia appartenenza a Magistratura Democratica è stata la capacità di questo gruppo di riflettere sul ruolo del giudice e del diritto rispetto all’economia ed alle altre scienze sociali.
Io mi sono sempre occupato di diritto civile ed in questi anni ho potuto cogliere, giorno per giorno svolgendo il mio lavoro, come nella legislazione, prima, e nei nostri valori culturali di riferimento, poi, molti dei diritti, da quelli che appartengono a settori immediatamente vicini all’economia (pensiamo alla disciplina delle procedure concorsuali, al diritto bancario o al diritto del lavoro), a quelli di settori apparentemente più lontani, sono divenuti sempre più recessivi, tutelati dalla legge solo se ed in quanto compatibili con le ragioni dell’economia, che poi di fatto sono le ragioni dell’impresa.
Anche tra i valori di riferimento della magistratura il primato dell’economia sul diritto si è fatto sempre più evidente attraverso la primazia dell’efficienza nel nostro lavoro, non solo dal punto di vista organizzativo (il che è commendevole), ma anche e soprattutto considerando prevalente la produttività, la quantità, sulla qualità della decisione, il che ha accentuato inevitabilmente la spinta ad un approccio burocratico verso il nostro lavoro, aggravata dall’oggettiva insostenibilità, talvolta, dei carichi di lavoro, specie in alcune realtà quale quella in cui io opero.
Io credo che occorra reagire riappropriandoci come giudici di una delle funzioni essenziali che ci appartiene: noi possiamo attraverso l’interpretazione giuridica, che è anche interpretazione di sistema, di principio, oltre che di regole, individuare forme di tutela succedanee, ad es. di natura risarcitoria, rispetto alle tutele dirette che l’ordinamento tende ad abbandonare, ed è un lavoro difficile e sofisticato, che ad esempio i giudici anglosassoni – che non hanno il referente normativo – sono abituati a compiere.
Il che richiede anche una grande capacità di confrontarsi con gli altri ordinamenti giuridici, ma sono approcci culturali che, tramite il diritto comunitario, stanno lentamente permeando nel nostro habitus mentale.
Ed anche rispetto al nostro mondo valoriale, dobbiamo avere la capacità, quale presupposto di ciò che ho appena esposto, di riprenderci con orgoglio la qualità delle nostre decisioni rispetto ad un dato meramente quantitativo!
Ma se è così, il ruolo del giudice, di tutela dei diritti e di propugnatore dei diritti, che Magistratura Democratica ha storicamente proposto, non è più cessato, ma anzi si aprono nuovi ed inaspettati spazi di intervento.
Epperò, questo va detto con chiarezza, rispetto a tale approccio in Area vi è ancora scarsa consapevolezza culturale e totale disinteresse, sicché vorrei dire, anche per questa ragione, a me pare che Magistratura Democratica vada conservata ed anzi rilanciata anche per poter meglio riportare questi approcci e queste sensibilità in Area.
Bologna, 5 novembre 2016