L’Emilia e la Romagna furono le culle del fascismo storico italiano. Ma poi lo furono anche di un modello di socialismo molto particolare. Le due cose sono collegate. Fu un’esperienza di popolo che può essere espressa dalla parola ebraica “Teshuvah”, che significa pentimento e ritorno. I bolognesi, in particolare, ne furono capaci, guidati da alcuni sindaci formidabili, a partire da Giuseppe Dozza, sindaco di questa città per oltre vent’anni.
Da queste parti lavorò Giuseppe Dossetti: anche per lui, che possiamo considerare esponente di un socialismo cristiano sebbene egli non si sarebbe riconosciuto in questa definizione, l’inizio fu “Teshuvah”. Gli epigoni di questo modello sono stati anche chiamati “persone per bene”, ma talvolta in senso spregiativo, per intendere “obsoleti”, inadatti ai tempi nuovi.
Il modello emiliano fu unità nella diversità. Fatto di tante piccole capitali della libertà, di tanti borghi industriosi nei quali, fin dalla seconda metà dell’Ottocento, si formò un esteso sistema di cooperazione sociale di lavoro, consumo e mutuo soccorso, e coalizzati da un comune senso civico originato da “Teshuvah”, che significa anche ritornare a un dovere storico, consapevoli del male che si è fatto, delle tante diserzioni.
Fatto di persone che la pensavano diversamente su tante cose ma che si stimavano in un legame temprato dalla lotta comune, come appunto Dozza e Dossetti, e sapevano fare di questo il motore del cambiamento. E’ anche l’esperienza che si visse nella prima sottocommissione della Costituente, quella di Togliatti, Dossetti, Basso, Iotti e La Pira e di altri, ai quali si devono i principi fondamentali della Costituzione. Da questo nacque la Repubblica democratica.
MD e Movimento-art.3 possono essere considerati formazioni della sinistra italiana, partecipi di quella stessa storia. Vogliono riformarsi unendosi. Di solito, in Italia, la sinistra si riforma per scissione, frantumandosi. E le sinistre, unite, hanno meno successo che separate. Fece eccezione il modello emiliano, perché fondato su “Teshuvah”, che potremmo tradurre un po’ liberamente con “autocritica”.
L’obiettivo dell’intesa in Area è solo quello di fare numero per contare di più nell’autogoverno, per costruire una macchina per carriere, o c’è dell’altro? Da molti anni in Area si è lavorato nell’autogoverno. Ci sono ragioni di autocritica? Si è fatto, in Area e come Area, anche il lavoro che c’era da svolgere nel società, oltre il nostro micromondo professionale, tra i tanti sofferenti per diseguaglianze i quali a volte, offesi e umiliati, neppure si azzardano più a invocare giustizia? Tra gli abitanti dei tanti inferni sociali. In uno di essi, quello della malattia grave, sono sceso e inaspettatamente risalito: allora ho bussato ad MD, accolto cordialmente dalla collega Anna Canepa.
(5 novembre 2016)