ROMA – Il progetto di riforma del lavoro sembra avere ora un contenuto più chiaro: lavoro per tre anni senza tutele, neanche contro il licenziamento immotivato, col potere assoluto e insindacabile delle imprese di dare e togliere lavoro e senza alcuno spazio per il controllo di legalità, visto che di giusta causa e giustificato motivo non ci sarà più bisogno.
Si presenta l’articolo 18 dello Statuto come fattore di dissuasione per gli investitori stranieri e strumento di intromissione dei giudici nella vita delle aziende, dimenticando che ogni valutazione della magistratura è solo a tutela della legalità e che la necessità che il licenziamento abbia una giusta causa o un giustificato motivo è imposta dalle norme fondamentali del nostro paese e dalla stessa Carta europea.
Si progetta il futuro dei giovani sottraendo loro diritti e promettendo, secondo uno stile criticabile, tutele che verranno, tra tre anni o forse mai. Un articolo 18 trasformato così in miraggio, al pari delle misure di protezione sociale sul cui finanziamento cala il silenzio.
Magistratura democratica non può che allarmarsi di fronte al tentativo di cancellare diritti e controlli di legalità, così togliendo alle future generazioni ogni speranza di vedere seriamente aggredite le disuguaglianze sociali.
Alla base di tali riforme vi è in realtà il timore che il controllo di legalità costituzionale diffuso, proprio della giurisdizione, si ponga come l’ostacolo principale ad ogni disegno di restaurazione nell’ambito del diritto del lavoro. Md riafferma, invece, con forza questo insuperabile connotato di garanzia a cui i giudici del lavoro, come tutti gli altri magistrati, non intendono abdicare.
L’esecutivo di Magistratura democratica
(29 settembre 2014)