In memoria di Gerardo D’Ambrosio.
Quando una persona è stata fondamentale per la nostra formazione umana e professionale noi ne siamo ovviamente consapevoli anche quando la persona è ancora in vita. Ma quando la persona muore, e il dolore acuisce quella consapevolezza, allora scaturiscono in noi i ricordi più preziosi.
Oggi i miei ricordi preziosi risalgono ai primissimi anni Settanta, quando Gerardo D’Ambrosio, nel palazzo di giustizia di Milano, era un giudice istruttore affermato che si stava occupando, tra l’altro, della strage di Piazza Fontana, ma trovava anche il tempo di insegnare ai magistrati alle prime armi, tra i quali c’ero anch’io, il mestiere difficile del giudice istruttore.
Gerardo ci diceva che il magistrato inquirente deve essere scrupoloso fino all’inverosimile, e a questo proposito mi è rimasta impressa una sua frase paradossale quanto significativa: “Quando esamini un documento devi arrivare fino all’estremo di staccare il francobollo per vedere se c’è scritto qualcosa sotto”. Ma sottolineava anche che il magistrato inquirente deve essere umile, nel senso che deve saper mettere in discussione la sera il lavoro svolto da lui stesso durante il giorno.
Non saprei che altro aggiungere, se non che sono fiero di essere stato, all’inizio degli anni Duemila, uno dei procuratori aggiunti della Procura della Repubblica da lui diretta.
Grazie, Gerardo, magistrato di grande limpidezza, mio carissimo e indimenticabile amico e Maestro.
Giuliano Turone
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(31 marzo 2014)