“Oggi
13.2.2012 a Torino in una aula di giustizia – contro lo scetticismo
di tanti – è stato accertato per la prima volta al mondo che
le migliaia di morti dovute alle polveri d’amianto non debbono
considerarsi una dolorosa necessità del mestiere, il conto da pagare
alle magnifiche sorti del progresso tecnologico; ma rappresentano una
conseguenza addirittura prevista, con accettazione del rischio, di
una condotta volta a conseguire profitti: con ribaltamento pieno
dell’ordine di priorità imposto all’art.41 Cost. (prima la
sicurezza del lavoratore, poi il profitto).
Si
tratta di una verità importante che serve ad individuare
responsabilità penali ed a seppellire per sempre la concezione
ricattatoria del lavoro (a qualsiasi prezzo), anch’essa antitetica
con quella accolta nella costituzione che vede nel lavoro un mezzo di
promozione umana e sociale e ne fa la prima garanzia per il
raggiungimento di un’esistenza libera e dignitosa.
Ma un disastro come
questo accertato a Torino non si produce per colpa di imprenditori
soltanto. La storia dell’amianto è segnata da un’impressionante
serie di diritti negati e di omissioni: di misure di protezione, di
rilevazioni e di controlli; di adeguate previsioni nel sistema
assicurativo obbligatorio; di pagamenti di premi da parte dei datori
di lavoro; di norme e di processi.
C’è
un buco nero di omissioni durato più di 40 anni, che coinvolge larga
parte della classe dirigente di questo nostro Paese. Ci sono
precise responsabilità politiche per tutto questo, come ci attesta
un dibattito alla Camera del 12 luglio 1993 (vedere agli atti
parlamentari); le imprese premevano perché le norme europee (dir.
CEE 477/ 1983) sulla limitazione o sul divieto dell’utilizzo
dell’amianto non venissero adottate tempestivamente e venissero
rinviate (per circa un decennio). E c’è stata una sentenza della
Corte di Giustizia della Comunità Europee nel 1990 che attesta tale
inadempimento.
Oggi
finalmente una parola di verità e di giustizia; a conferma che
quando un diritto è stabilito a protezione di lavoratori c’è
sempre molto da fare per difenderlo e renderlo effettivo; ed occorre
operare in molte direzioni, sapendo andare spesso
controcorrente”.
Roberto Riverso