di Luigi Marini
Il
Governo sta varando una manovra economica pesantissima che incide in
primo luogo su coloro che non possono sottrarsi a tagli e imposte,
così perpetuando una disparità di trattamento che ha radici antiche
e che, salvo brevi parentesi, la classe politica non ha neppure
tentato di affrontare.
Questo
mi fa pensare ai milioni di miliardi di vecchie lire e poi ai
corrispondenti importi in euro che nei decenni sono stati dilapidati da fenomeni corruttivi, da cattive gestioni funzionali alle posizioni
di potere, da furti di cose pubbliche e sprechi intenzionali, ma fa
pensare anche alle tante cattive gestioni che per cialtroneria,
qualunquismo e logiche deteriori caratterizzano da sempre larghi
strati dei settori produttivi, pubblici e privati.
Un
Governo che promette maggiore equità e si impegna a imboccare una
strada di gestione virtuosa non può, per quanto abbia un mandato a
termine, mancare all’obbligo di dare segnali chiari su questi
terreni.
Per
queste ragioni ci attendiamo che la Ministra della giustizia sappia
recuperare la credibilità delle strutture ministeriali dopo una
stagione che consideriamo negativa, marcare una discontinuità
rispetto a politiche fallimentari, segnare un recupero di immagine
anche attraverso la scelta dei collaboratori più stretti, dare
segnali chiari di abbandono di percorsi che hanno chiuso il Ministero
nelle logiche peggiori della contrapposizione, del personalismo e
della propaganda: si tratta di profili che ci attendiamo vengano
rapidamente affrontati e costituiscano le premesse per un cambio di
passo del dicastero che accompagni i progetti annunciati e li renda
anche solo possibili.
Il
contrasto all’evasione fiscale e alla corruzione presuppone che
politica e amministrazione adoperino tutti gli strumenti necessari
che conosciamo, ma richiede anche che la giurisdizione e la
complessiva macchina della giustizia siano in grado di avviare
indagini e celebrare processi destinati a giungere a termine in modo
rapido e efficace, abbattendo il pericolo della prescrizione che
ormai è diventata la risposta più frequente.
Lo
sviluppo del Paese e la realizzazione di innovazioni positive
richiedono che il Ministero della giustizia torni ad essere
protagonista nei contesti internazionali e, soprattutto, in Europa,
abbandonando le logiche devastanti degli ultimi anni che ci hanno
posti ai margini dei percorsi decisionali e hanno ostacolato le
misure interne di recepimento delle politiche europee.
Il
funzionamento quotidiano degli uffici giudiziari, la semplificazione
vera dei processi e la valorizzazione delle garanzie essenziali delle
persone richiedono un percorso partecipato di modifiche normative,
ordinamentali e processuali, che da anni proponiamo e che vorremmo
vedere discusse senza ideologismi e chiusure corporative
nell’interesse della collettività.
L’utilizzo
intelligente delle poche risorse disponibili richiede l’abbandono
di logiche di breve periodo e clientelari e uno sguardo coraggioso,
sconfiggendo approcci burocratici e centri di potere che impediscono
di agire liberamente e efficacemente.
Siamo
ansiosi di capire quali priorità si darà la Ministro, con
quali collaborazioni intenderà governarle e quale dialogo aprirà,
finalmente, con i soggetti che concorrono a fare giustizia.
Se
il progetto che verrà presentato in concreto sarà serio e camminerà
su gambe serie troverà nella magistratura supporto leale e grande
disponibilità al cambiamento. E qui mi fermo, contando che tanti
anni di annunci e di politiche sbagliate siano alle nostre spalle.