“…il giudice di ogni tempo deve essere
ed apparire libero ed indipendente, e tanto può essere ed apparire ove egli
stesso lo voglia e deve volerlo per essere degno della sua funzione e non
tradire il suo mandato…”. Ce lo raccomandava il compianto Rosario Livatino e
non vogliamo dimenticarlo.
A
prescindere dagli esiti giudiziari dell’indagine della Procura della Repubblica
di Milano in merito alle condotte attribuite nell’imputazione provvisoria ai colleghi
Vincenzo Giglio e Giancarlo Giusti, gli atti noti del procedimento mettono in
evidenza comportamenti, relazioni personali e familiari, frequentazioni
incompatibili per un magistrato che eserciti funzioni giurisdizionali.
E tutto ciò risulta ancora più
intollerabile e drammatico in un contesto sociale come quello reggino, dove la
ndrangheta è solita insinuarsi, con speciale pervasività, nelle reti
relazionali torbide ed ambigue, perché fondate su perniciosi rapporti
obbligatori in cui – prima o poi – il potere mafioso passa sempre a riscuotere
il conto.
Ci avete sentito dire che è necessaria
una rivoluzione culturale della nostra società malata. Quando siamo chiamati
nelle scuole, nelle assemblee e negli interventi pubblici, invitiamo i
cittadini – costretti ad affrontare (senza nessuna protezione autentica)
l’aggressivo potere della ndrangheta – a recidere i legami relazionali, anche
quelli quotidiani, con gli uomini di mafia o con quelli collusi con la mafia,
per isolarli e renderli così più deboli.
Non smetteremo di farlo, convinti come
siamo che solo attraverso una rivoluzione culturale e non già solo attraverso
la repressione giudiziaria, si possa sconfiggere questo germe che tenta di
insinuarsi in tutti i gangli sociali, per inquinarli e piegarli ai propri
infami desideri.
Ma da oggi lo faremo con maggiore umiltà
e con la più chiara e netta consapevolezza della nostra debolezza, dei nostri
limiti, delle nostre incapacità. Ma proprio questa presa di coscienza ci farà
essere più rigorosi ed attenti nella gestione della nostra dimensione privata,
per ribadire la credibilità di una Istituzione che – particolarmente in questi
ultimi anni – ha mostrato una speciale efficacia nello svelare e sanzionare i
sistemi di potere della ndrangheta.
Ed infatti, anche quest’ultima indagine
– insieme a quelle più recenti condotte dalla Procura della Repubblica e
valutate positivamente dai giudici di questa città – è sintomatica della
credibilità ed efficacia dell’azione giudiziaria che sempre più chiaramente irrompe,
svela e sanziona i sistemi di potere della “area grigia”, senza farsi scrupolo
di mostrare pari rigore, quando parti di questi perniciosi sistemi di potere
siano magistrati.
Le recenti parole del Presidente della
Repubblica a proposito dell’etica professionale e personale nella magistratura,
ci stimolano, infine, a sollecitare un dibattito interno alla magistratura
reggina, affinchè – preso atto della speciale condizione della nostra società
malata – si proceda ad analizzare stili e modelli professionali e personali,
per fissare alcune condivise linee di comportamento che debbano necessariamente
caratterizzare ed identificare il magistrato che opera in questo difficile
distretto.
MAGISTRATURA DEMOCRATICA
– Distretto di Reggio Calabria –