RAVENNA – Il IV seminario ravennatate organizzato dal gruppo lavoro di Md e da “Il Lavoro in Movimento”, ha confermato la centralità del temi del lavoro nell’agenda pubblica del Paese. Pubblichiamo di seguito il resoconto del convegno.
IL REPORT
a cura di Carla Ponterio,
Roberto Riverso e Paola Ghinoy
Il seminario di Ravenna ha affrontato due temi: la
precarizzazione del lavoro pubblico e la crisi del diritto sindacale.
1.Nella prima sessione, i relatori hanno analizzato
l’evoluzione del mercato del lavoro verso una progressiva affermazione del
lavoro precario in tutti i settori di impiego e l’inesistenza di adeguate
tutele. In particolare, nel settore pubblico si è realizzata una duplice forma
di precarizzazione, relativa sia ai lavoratori e sia ai servizi istituzionali, privatizzati e, ad es.
appaltati a cooperative sociali in assenza di un adeguato sistema di garanzie.
Ciò ha determinato, dal punto di vista degli utenti,
un vero e proprio attacco alle politiche sociali e un enorme passo indietro nel
sistema di welfare.
E’ stata esaminata la grave diffusione del lavoro
precario nella scuola, sia in relazione alla compressione dei diritti del
personale e sia in termini di riduzione
delle politiche sociali.
Dal punto di vista giuridico, si è approfondita la questione
delle conseguenze connesse alla illegittima apposizione del termine nei
contratti con la P.A., con ampi riferimenti alla giurisprudenza
costituzionale e comunitaria e alle
ragioni che militano a sostegno delle diverse tesi riassunte in monetizzazione
o stabilizzazione.
E’ stato affrontato anche il problema del ruolo del
giudice, della sua funzione lato sensu “politica” nella riaffermazione, a
fronte di fenomeni di illegalità diffusa anche da parte della pubblica
amministrazione, dei principi affermati dalla Costituzione e dalla Corte
Europea.
2.Il tema della crisi del diritto sindacale è stato
affrontato partendo da una profonda analisi critica dell’uso che i soggetti
sindacali, nei sessant’anni dall’entrata in vigore della Costituzione, hanno
fatto della libertà di organizzazione costituzionalmente garantita, avallando
il congelamento delle norme costituzionali dedicate alla rappresentatività del
sindacato ed all’efficacia erga omnes della contrattazione.
Il risultato è oggi l’incertezza che regna sovrana
sulla rappresentanza e rappresentatività, sulla sfera di efficacia soggettiva
del contratto collettivo, incertezza divenuta assai problematica una volta
finita l’unità di azione delle organizzazioni sindacali.
Occorre che, con umiltà, ci si interroghi, e prima
di tutto il sindacato si interroghi, su quanto è stato fatto in nome della
libertà di organizzazione sindacale, per attuare e difendere questa libertà.
Occorre oggi, conditio sine qua non, una legge che,
in attuazione dell’art. 39 Cost., regolamenti la rappresentanza sindacale, abc
di ogni democrazia.
2.1. Si è esaminata la stagione della contrattazione
separata, su cui la giurisprudenza ha espresso una posizione non univoca, e che
sembra ormai alle spalle.
L’Accordo interconfederale del 28.6.11 segna una
ritrovata unità delle organizzazioni sindacali ma presenta contenuti che
richiamano, in qualche modo, la linea tracciata dal contratto separato sulle
regole della contrattazione del 2009 (competenza concorrente derogatoria della
contrattazione aziendale in casi di crisi locali), introduce clausole di
tregua, seppure escludendone ogni effetto vincolante per i lavoratori, e non
sembra confermare la tendenza ad un maggiore coinvolgimento dei lavoratori
nella democrazia sindacale, attraverso la generalizzazione del referendum.
2.2. Molto spazio è stato dedicato all’analisi
dell’art. 8 L.
148/11, letto come punto di arrivo di un progetto già delineato nel Libro
bianco e caratterizzato da massicce dosi di derogabilità, individualizzazione
dei rapporti di lavoro, diseguaglianza nel trattamento, emarginazione del ruolo
dei sindacati e della giurisdizione.
Si è cercato di riflettere anzitutto sui soggetti
sindacali (locali), incerti e indeterminati, a cui la norma fa riferimento, sulla
fonte della loro rappresentatività; sull’ambito e misura della derogabilità;
sulla configurabilità di una responsabilità giuridica delle organizzazioni
sindacali che stipulano in deroga; sugli spazi di interpretazione e intervento
del giudice nella ricerca di limiti alla derogabilità in applicazione dello
stesso art. 8, con riferimento alle materie e alle finalità delle deroghe, come
individuate nella stessa disposizione, oltre che in relazione ai limiti
costituzionali ed internazionali.
Si sono valutati i rischi di sempre maggiore frammentazione
e individualizzazione dei rapporti di lavoro, non solo dal punto di vista dei
lavoratori ma anche del punto di vista della concorrenza tra le imprese,
potendosi ipotizzare forme di contrattazione non solo aziendale, ma di
stabilimento o riferita a gruppi di lavoratori.
2.3. La riflessione sui diritti sindacali ha
investito, ovviamente, l’art. 19 dello Statuto dei lavoratori, i problemi
indotti dalla formulazione successiva al referendum del 1995 e dalla mutata
situazione di fatto (mancanza di unità sindacale e derogabilità aziendale ex
art. 8) che porta a forme di applicazione della norma incompatibili con la sua
originaria ratio.
Sono state esaminate le possibilità di una
interpretazione costituzionalmente orientata e di una eccezione di legittimità
costituzionale.
2.4. E’ stato dedicato infine uno specifico spazio
alla vicenda Fiat, alle forme di contrattazione finora attuate, all’uscita da
Confindustria, alle problematiche connesse al comportamento antisindacale e
all’art. 2112 cc oggetto del contenzioso giudiziario.
3.Molto positiva è stata la scelta di una
riflessione congiunta su questi temi tra giudici del lavoro di
Magistratura democratica e del Movimento per la Giustizia-art. 3″.