Ci risulta che già nei giorni scorsi il
Cons.Brigandì abbia depositato in Consiglio una missiva in cui dichiara
che si asterrà dai lavori consiliari per le prossime due settimane.
Questa scelta,
che evidentemente va ricondotta alla fermezza e alla discrezione concui
i consiglieri hanno gestito la complessa e delicatissima vicenda, ci
pare consenta adesso una trattazione più serena dei temi posti dalla
pubblica zionedi atti riservati concernenti un magistrato milanese che
gestisce indagini altrettanto delicate e dall’avvio di una indagine
penale da parte della Procura dellaRepubblica di Roma.
Siamo sicuri
che il Consiglio affronterà con urgenza e con il
necessario coordinamento con le indagini penali una vicenda che ci appare
inquietante e può chiamare in causa delicati equilibri istituzionali.
Del resto, sappiamo chein questi giorni è stata massima l’attenzione del
Comitato di Presidenza e dei consiglieri.
Ciò
nonimpedisce una riflessione più generale sulla deontologia dei
componenti del CSM, peraltro già formalmente sollecitata nell’ultimo
scorcio della scorsa esperienza consiliare a seguito di notizie di stampa
relative ad asseriti rapporti di alcuni consiglieri, discutibili dal
punto di vista deontologico, con personaggi coinvolti in indagini per
gravi fatti di rilevanza penale (il“caso Lombardi”).
L’importanza della
funzione svolta da ciascuno dei componenti del CSM comporta l’adozione
di regole di comportamento coerenti con il ruolo affidatogli dai
magistrati o dal Parlamento. E ciò vale ancora di più in questo momento
storico, in cui la magistratura è esposta a provocazioni e attacchi
uni laterali di ogni tipo che hanno come finalità quella di condizionare
proprio l’attività giurisdizionale dei singoli.
Vanno certamente
stigmatizzate e, in qualche modo, sanzionate deviazioni che rispondono
ad interessi lobbistici, logiche trasversali, rapporti amicali
e collegamenti politici. E l’obbligo di lealtà comportamentale
previsto per l’alta funzione istituzionale esercitata dai componenti del
CSM, nel richiedere un qualificato sforzo di autoresponsabilità, comporta
il rispetto dei doveri di segreto e di riserbo. Ciascun consigliere,
pertanto, deve essere estremamente attento nel valutare se le
informazioni di cui disponga possano, o debbano, essere divulgate, o se,
invece, sia necessario privilegiare le esigenze di riservatezza.
Recentementel’ANM
ha approvato importanti modifiche al codice deontologico dei
magistrati, ispirate al rigore nelle scelte e nei comportamenti di chi
esercita funzioni giurisdizionali. Ma quando si parla di rigore ciò deve
valere anche per chi deve vigilare sulla indipendenza e l’imparzialità
dei magistrati. Per questi motivi, sarebbe auspicabile la tempestiva
fissazione di un dibattito al plenum del Consiglio superiore della
magistratura sulla questione delle regole deontologiche minime che
devono caratterizzare i comportamenti dei componenti del massimo organo
di autogoverno della magistratura.
Piergiorgio Morosini (segretario generale Md)
Luigi Marini (presidente Md)