Mariarosaria Guglielmi: «Il difensore donna abbia gli stessi diritti di noi magistrate»

Rassegna

Mariarosaria Guglielmi: «Il difensore donna abbia gli stessi diritti di noi magistrate»

di Esecutivo di Magistratura Democratica
La segretaria di Md sulle norme per le avvocate in gravidanza

Mariarosaria Guglielmi è di parte. Non solo perché è donna. Ma anche per una specifica, tenace attenzione alle pari opportunità intese nel senso più ampio possibile, alla giustizia come valore superiore che precede l’interesse di categoria. Non è un caso che sia stata indicata, poco più di un anno fa, quale segretaria della corrente “di sinistra” delle toghe, Magistratura democratica.

Nella storia pluridecennale del gruppo, la pm della procura di Roma vanta forse il primato di averne assunto la guida in età più giovane.

Perché solo ora arriva la norma per le avvocate?

«Forse è solo da alcuni anni che la presenza delle donne nella professione legale si è fatta così importante, come peraltro è avvenuto in magistratura. Sicuramente si fa avanti anche una sensibilità culturale nuova sul tema dei diritti. Ritengo che la norma sul legittimo impedimento, se definitivamente approvata, sia un primo passo».

In che senso?

«La tutela alla maternità deve essere intesa per le donne avvocato secondo la stessa estensione assicurata alle donne magistrato: nel modo più ampio, dunque, non solo come tutela della salute della madre e del nascituro, ma anche come garanzia e diritto a una maternità serena. È una questione di uguale tutela tra le professioni e di pari opportunità di genere, e ricordo che quest’ultimo principio è uno di quello sui quali si misura la qualità della democrazia».

Lei magistrata, trova ingiusta una disparità tra i diritti delle avvocate e i vostri.

«Dico che dovrebbe esserci un pari trattamento. Alle donne che esercitano la professione legale dovrebbe essere assicurata la stessa tutela di tutte le altre donne che operano nella giurisdizione. E in gioco c’è un altro principio, oltre a quello delle pari opportunità».

Quale?

«Quello del pieno esercizio del diritto di difesa, che presuppone una scelta elettiva. Si deve poter essere assistiti sempre dal proprio difensore di fiducia, e non si deve essere costretti a individuare un sostituto perché la propria avvocata è impossibilitata a venire in udienza causa gravidanza. L’unica via era appunto quella di riconoscere la maternità come legittimo impedimento per le avvocate, e consentire così il rinvio dell’udienza. Il diritto alla difesa esercitato elettivamente è un principio di rilevanza costituzionale».

La magistratura aveva già mostrato aperture con la sottoscrizione di protocolli d’intesa in diversi tribunali.

«Vero, non partiamo da zero. Ma quando c’è di mezzo un principio di rango costituzionale è giusto presidiarlo con norme che diano certezza sul suo riconoscimento. D’altra parte la stessa esistenza di quei protocolli ha generato evidentemente la consapevolezza da cui si è arrivati al primo sì del Parlamento sulla norma».

Quei protocolli sono stati tutt’altro che inutili.

«Va dato atto che il lavoro svolto in questi anni dai comitati Pari opportunità dei Consigli giudiziari e da quello istituito presso il Csm, che a sua volta ha contribuito alla diffusione delle buone prassi. Ricordo in particolare il protocollo adottato nel 2011 presso il distretto di Milano, in cui ci si impegnava a tutelare lo stato di gravidanza anche con l’individuazione di orari specifici per i processi in cui il difensore era una donna con figli in tenera età. C’è da dire che in passato sull’incertezza sul diritto alla maternità delle avvocate hanno pesato anche alcune pronunce della Cassazione. Poi, certo, negli ultimi anni questa incertezza si è molto ridotta, il che però non è un buon motivo per rinunciare a disciplinare la questione una volta per tutte in maniera chiara e definitiva».

Errico Novi, Il Dubbio 20 dicembre 2017

20/12/2017

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