Encj: il Consiglio di Giustizia (KRS) non è un'istituzione indipendente

Polonia

Encj: il Consiglio di Giustizia (KRS) non è un'istituzione indipendente

di Esecutivo di Magistratura Democratica
Le riforme della giustizia hanno prodotto una crisi sistemica dello Stato di diritto. Il KRS non è in grado di sostenere il sistema giudiziario nell’esercizio indipendente della giurisdizione

 

Nella seduta straordinaria di Bucarest del 17 settembre, l’Assemblea generale della Rete dei Consigli di giustizia (ENCJ) ha deciso a ieri di sospendere il Consiglio di giustizia della Polonia (KRS), membro fondatore della Rete.

È una decisione senza precedenti: il Consiglio turco (HSYK), sospeso dall’Encj l’8 dicembre 2016, aveva infatti la posizione di osservatore.

Come nel caso della Turchia, l’Encj ha preso atto degli effetti negativi, e per ora irreversibili, prodotti dalle riforme sull’indipendenza del sistema giudiziario e sulla funzione del Consiglio di Giustizia.

La sospensione è stata proposta all’unanimità dai componenti dell’executive board (di cui fa parte il nostro Consiglio). Nella motivazione si evidenzia che il KRS non ha più i requisiti statutari di appartenenza alla Rete, che sin dalla sua costituzione, nel 2004, ha la funzione di promuovere il ruolo dei Consigli di giustizia nella tutela dell’indipendenza dei sistemi giudiziari, di favorire il dialogo e la conoscenza reciproca sul loro funzionamento e il collegamento fra le istituzioni europee e le magistrature nazionali.

Il processo di riforma della giustizia, avviato in Polonia a partire dal 2015 dal partito al governo «Diritto e giustizia» ha accresciuto i poteri dell’esecutivo sul sistema giudiziario e, dopo le modifiche strutturali dovute alla legge del 2018, il KRS non può più considerarsi istituzione indipendente dal potere esecutivo e legislativo né istituzione in grado di sostenere il sistema giudiziario nell’esercizio indipendente della giurisdizione.

Come evidenziato dalla proposta di sospensione, gravi e non dimostrate sono le ragioni addotte dal Governo per giustificare le riforme, a cominciare dalla necessità di riportare il sistema giudiziario sotto “il controllo democratico” perché i giudici sono uno “Stato nello Stato” e, molti, corrotti o ex comunisti.

Sul merito delle riforme, la proposta richiama, fra l’altro, la legge che attribuisce il ruolo di capo dell'ufficio del Pubblico ministero al Ministro della giustizia, che ordina indagini contro i giudici che emettono sentenze che non approva, e contro i giudici che criticano le riforme; le leggi sulle nomine nella Corte costituzionale, che la Corte suprema, le associazioni di giudici e una larga parte dei 10.000 giudici polacchi non considerano più custode della Costituzione; la legge che attribuisce la nomina dei membri togati del KRS al Parlamento e quella che consente al Ministro della giustizia di licenziare e nominare i dirigenti dei tribunali senza la proposta vincolante del KRS precedentemente richiesta ( misure che hanno prodotto in un periodo di sei mesi il licenziamento – senza giustificazioni – di più di 150 dirigenti di cui 10 su 11 Presidenti delle Corti d'appello); le riforme per la Corte suprema (in particolare la legge sull’età pensionabile che riguardava 27 dei 72 giudici in carica e la riduzione del termine dell’incarico del Primo presidente e la legge che ha istituito un sistema di revisione discrezionale di decisioni passate in giudicato negli ultimi 20 anni).

Come ha sottolineato l’ANM nella nota del 9 dicembre 2017, il livello dell’interferenza politica sul sistema giudiziario, che intende soggiogare la magistratura all’esecutivo, rappresenta una prospettiva inaccettabile che calpesta i principi fondanti della stessa Unione europea.

Con la situazione di crisi sistemica dello Stato di diritto che si è prodotta in Polonia si allarga lo scenario di un più generale processo di regressione democratica particolarmente insidioso, che spesso rispetta formalmente le procedure della democrazia e si realizza con processi di revisione costituzionale.

Un arretramento che si è realizzato anche in Turchia e in Ungheria, mentre segnali preoccupanti dello stato di tensione per la giurisdizione e i sistemi giudiziari vengono da altri paesi, come la Romania e la Bulgaria.

È sempre più importante in questo contesto un impegno comune a difesa dello Stato di diritto e dei suoi principi, come l’indipendenza dei sistemi giudiziari, quale valore posto a fondamento dell’Unione, contro il ritorno di una visione che in nome della sovranità statale e dell’identità nazionale rivendica l’insindacabilità delle scelte “interne” che riguardano l’assetto costituzionale e l’equilibrio fra i poteri.

Mariarosaria Guglielmi
Segretario generale di Magistratura democratica
Vice presidente di Medel (Magistrats européens pour la démocratie et les libertés)

18/09/2018

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