Due seminari in vista del Consiglio Nazionale
Continuando a discutere: MD, la crisi, le proposte
Di fronte al disagio e allo sconforto di questi giorni – manifestato da molti messaggi in lista e dalle annunciate rinunce alle candidature per le prossime elezioni del Consiglio giudiziario di Napoli – non abbiamo voluto aggiungere l’ennesimo comunicato e la retorica di uno smarcamento a parole della nostra insegna.
In questi anni abbiamo lavorato cercando di continuare svolgere, nel dibattito associativo, il ruolo di voce critica. Abbiamo continuato a farlo anche dopo aver constatato come, in quegli ambiti e in quei luoghi in cui MD ha delegato la sua rappresentanza ad AreaDG, siano stati progressivamente erosi e chiusi gli spazi per un confronto con MD, quale soggetto collettivo.
Non per questo, tuttavia, abbiamo rinunciato a dedicare il nostro impegno alla cultura dell’autogoverno e della responsabilità.
Lo abbiamo fatto come gruppo, con i recenti interventi con cui abbiamo chiesto di dar conto della metodologia delle nomine del Comitato direttivo della Scuola Superiore e della coerenza dei criteri utilizzati nelle scelte dei direttivi, com’è avvenuto in relazione all’esperienza fuori ruolo, la cui rilevanza è stata valorizzata per la Procura della Repubblica di Perugia ed esclusa, invece, in altri casi.
Un importante contributo al dibattito associativo sui temi dell’autogoverno è venuto, poi, da Questione Giustizia, la rivista promossa da MD, e dagli interventi raccolti nella rubrica “Cronache fuori dal Consiglio”. È affidandoci al dibattito culturale promosso dalla Rivista che abbiamo affrontato una riflessione a tutto campo sul CSM e sui temi dell’autogoverno oggi al centro del dibattito (come le prerogative di discrezionalità del CSM, e il suo ruolo “politico”), sulle opacità di scelte discrezionali contraddittorie e non spiegabili, sulle differenze tra legittimità e opportunità (a proposito, ad esempio, degli incarichi di collaborazione), sulla scarsa trasparenza della riforma relativa al rientro in ruolo dei componenti togati del CSM, sui passi falsi delle delibere in materia di art. 2, sulle ritrosie al diritto di tribuna degli avvocati, sullo stato di salute di una magistratura – del suo associazionismo e del suo autogoverno – compromesso dall’attenzione parossistica alla carriera e dai rischi per l’indipendenza della giurisdizione, recati dal ritorno a una prospettiva gerarchica e, all’esterno, dall’abbraccio con la politica di una parte della magistratura.
Di fronte alla grave crisi di rappresentanza in cui versa l’Associazione, non abbiamo fatto mancare il nostro impegno nell’associazionismo, certi che l’ANM sia il vero e unico luogo ove alla magistratura che non si rassegna allo sconforto e al disimpegno sia consentito di ritrovarsi e di ritrovare credibilità.
Ora siamo a un bivio, drammatico. Ci troviamo di fronte a una crisi che investe non questo o quel gruppo, ma la magistratura nel suo complesso, così come disegnata dall’Assemblea Costituente.
In questo contesto, l’autocritica deve coinvolgere tutti.
Non possiamo accontentarci di rivendicare una nostra diversità, di adottare prospettive autoassolutorie, di individuare capri espiatori, di perseguire scelte tatticiste o di proclamare, a parole, le nostre estraneità.
È una fotografia triste quella catturata dalle inchieste di Perugia: è l’immagine di una magistratura che, dimenticando la ricchezza delle differenze ideali, dà plastica rappresentazione alle degenerazioni che abbiamo denunciato senza mai prenderne le distanze nei fatti: consociativismo e corporativismo.
Si muove, nella magistratura, un’unica e indifferenziata corrente di pensiero che – in nome di parole d’ordine ridotte a slogan, come ‘autoriforma’ – ha perseguito l’emarginazione di ogni voce dissonante e l’esaltazione di un modello omologato e ossequente al potere, interno ed esterno.
Né possiamo accontentarci di essere stati tra quelle voci dissonanti. Dello stato attuale della magistratura siamo tutti responsabili, se non altro per aver investito troppo sulle aspettative di un cambiamento che, nei fatti, è stato poi sempre rinviato.
Il compito di credere, oggi, al progetto costituzionale consiste, allora, nel ridare voce a quei colleghi che lavorano giorno dopo giorno, avendo come unico obiettivo i diritti delle persone e la loro tutela. Colleghi che si trovano in ogni gruppo, e che stanno fuori da tutti i gruppi.
Magistratura democratica ritiene che sia arrivato il momento di mettere da parte i vessilli e le insegne, per portare avanti un nuovo patto tra magistrati, tra persone.
È il momento dell’unità, non della campagna elettorale.
Siamo fermamente convinti, infatti, che nessuno possa salvarsi da solo e che sia ormai arrivato il momento di un’unità vigile e attenta.
È difficile, ma è questa la strada che dobbiamo intraprendere, facendo seguire alle parole i fatti, chiedendo scusa ogni volta che tra le prime e i secondi si collochino troppi centimetri e dando forza, nel confronto associativo, alle spinte al rinnovamento provenienti da chi, all’interno dei gruppi, ha sempre inteso e praticato l’impegno associativo come impegno culturale; e da chi, fuori dai gruppi, chiede oggi all’ANM di essere effettivamente rappresentativa di tutta la magistratura.
Comprendiamo, pertanto, lo sconcerto provato da molti di fronte alla crisi della giunta dell’ANM e condividiamo le preoccupazioni per i suoi sviluppi: nella stagione di riforme che si annunciano, e che potrebbero cambiare la fisionomia costituzionale della magistratura e del suo autogoverno, abbiamo infatti bisogno di un’ANM unita, forte e autorevole.
Per questo riteniamo utile e doveroso ridare il prima possibile la parola agli elettori.
Magistratura democratica, comunque, continuerà nel suo lavoro critico e autocritico. Non guarderemo soltanto all’esterno, ma anche al nostro interno, dentro la nostra storia. Per setacciare il meglio e per capire dove, invece, anche la magistratura progressista ha iniziato a smettere di essere fedele alla sua promessa.
In quest’ottica, vogliamo aprire un confronto – nei seminari telematici del 3 e del 6 giugno, i cui dettagli saranno comunicati a breve – sui temi in relazione ai quali riteniamo sia più urgente, oggi, arrivare a formulare proposte:
1) ruolo della dirigenza e conformità delle funzioni direttive all’assetto costituzionale della magistratura, differenziata al suo interno solo per funzioni, e alle garanzie interne di autonomia e indipendenza della giurisdizione; verifiche intermedie e temporaneità effettiva degli incarichi direttivi; valutazioni di professionalità e meccanismi di “raffreddamento della carriera”; verifica e censimento degli incarichi amministrativi fuori ruolo, ai fini di un loro ridimensionamento;
2) riforma del sistema elettorale del CSM, in grado di valorizzare il pluralismo culturale e, al contempo, di garantire ai magistrati-elettori il potere di scegliere i propri rappresentanti.
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